- 97 - genuo e generoso; chi lo credeva un genio, chi un barbaro, chi un non nulla; gli uni magnificavano la sua biblioteca, gli altri ricordavano le cioncate fatte alla sua mensa ; e’ compariva ad un tempo poeta, diplomatico, progressista ed ambe assassino. Io non P ho mai potuto conoscere da’ libri o dalle relazioni d’altrui, ma credo averlo compreso e l’ho giudicato da qualche colloquio. Ora eh’ egli appartiene alla Storia, c clic non è più sovrano, ma polvere, mi p'ace notare que’ tratti, clic mi hanno condotto a comprenderlo. Nel 46 mi trovai a Spalato con esso lui e collo Scozzese A. Paton, il quale, assente il Vladika, aveva veduto il Montenero, e compieva quell’importante viaggio di studio, che pubblicò nel 48 a Londra col titolo Higldand» and Islands of thè Adriatic. Non appena Monsignore (che cosi s’intitolava il Vladika vescovo) intese il nome del Paton, fissatolo: “Voi siete stato nel “Montenero, disse; indicatemi per gentilezza ciò che avete veduto di “notevole ? „ Udito un breve racconto, soggiunse: “Voi non avete veduto “nulla, se non avete veduto il Vladika, da poi che il Vladika nel “Montenero è tutto,,. Il Paton rispose in modo degno del molto suo spirito, ma il Vladika,» animato, continuò : "Voi signore appartenete ad una grande nazione, al paese della libertà; ma sapete “voi ov’ella si attrovi la libertà vera? Nel V onte nero, ed io ne “tengo le chiavi.,, Nel mese di luglio testé decorso ci trovammo col Vladika alla villeggiatura di Hietzing presso Schonbrunn. Egli era sformato. La nera e lunga capellatura e la nera barba, marcando i contorni della cerea faccia dimagrata, ne davano risalto al pallore ; gli occhi erano torbidi e smorti, la voce roca, stentato il respiro: seduto, egli era di peso a sé stesso. Era meco il cavaliere Nei gebaur, altro viaggiatore e descrittore amoroso della Dalmazia e del Montenero, che avea visitato il Vladika nella state del 50, e ricevute da esso di molte cortesie. Monsignore parlò dello stato di sua salute, che non credeva punto in pericolo. All’ occhio, al-1’ aspetto, all’ accento conoscevamo il malato affranto; ma, quando cominciò a parlare di Napoli, ove aveva passato 1’ ultimo verno per rimettersi in sanità, e ne descriveva la incantevole posizione, le aure balsamiche ed odorose, il bel zaffiro del cielo, la sua voce suonava più forte, si infiammavano le gote, 1’ anima, indomita, pareva si emancipasse dai vincoli dell’egro suo corpo. In quel punto lo conobbi poeta. Pochi giorni avanti era sortita per le stampe di Lipsia l’opera: Die Siid-Slaicen del Neigebaur, in cui è descritto il suo viaggio in Dalmazia e Montenero. Gli era ben naturale che Mon- 11 Montenero 7