198 Conquiste all'ignoto Da Butanuka a Kasongo bisognò superare il serio ostacolo del Wimi, un fiume la cui corrente impetuosa aumentata dalla piena per le piogge suscitò un folle panico nei portatori che dovevano attraversarlo con l’impedimento dei carichi. Cagni cercò qualche espediente di circostanza mentre « tutta la carovana è ferma stupefatta e mi guarda come il messia ». Se si fosse mostrato incerto, gli uomini impauriti non sarebbero più passati, perciò fece tendere una corda fra le due sponde e dispose a valle una catena d’uomini per garantire la sicurezza dei portatori finché tutto e tutti furono in salvo sulla riva opposta. Il giorno successivo per arrivare a Bihunga si dovette ripetere la stessa operazione attraverso il Mobuku, altro fiume in piena. Nell’ultimo tratto a un portatore era caduta, ma senza conseguenti rotture, la cassa del magnetometro: il pover’uomo si presentò accasciato come in attesa di una terribile sentenza. Cagni lo fece allibire con una frase di sapore tragicomico, ma doppiamente sconcertante per quella mente bambina: « Ti dovrei uccidere, ma non ne ho il tempo ». Ormai i portatori Baganda non erano più adatti per avanzare essendo gente della piana; perciò furono sostituiti con portatori Bakonjo onde affrontare l’ascesa verso Bu-jongolo su pel ripido solco umidiccio di un torrente fangoso accidentato da tronchi e rami morti, da sassi acuminati e attraversato da liane. Cagni cominciò a salire salutando i portatori che aveva sottoposto a cosi aspra fatica; quasi per ciascuno di quei poveri barbari non più feroci ricordava i nomi strani che parevano di diavoli, fauni o predoni: Kasibante, Firikisi, Katida, Kakulira, Balinvego, Mutasa, Walabjeki, Kamara, Mureba, Kasagià. Il 16 giugno continuò l’ascensione per l’erto torrente chiuso fra la massa oscura di una foresta arcana, in un mondo fantastico, tutto flora silente e niente fauna, mai visto né immaginato. «Tronchi e rami sono interamente coperti di uno spesso strato di muschi che pendono in lunghe barbe da tutte le fronde, ingrossano ed arrotondano i nodi del legno e le estremità dei rami monchi, facendo apparire le piante stranamente contorte, rigonfie e cariche di