— 105 — La Serbia, i calunniati e la calunnia. ¡Sopra i rottami del possente impero Sfolgorò l’innocenza di Miloscio. D’eterno alloro si fregiar le chiome Di Miloscio gl’-impavidi compagni, E la vaga di Jugo inclita prole. Al serbico vessil si spense il nome ! I leoni divennero aratori : A posta taro i timidi e gl’ingordi; Li consumi di lebbra il Serbo latte! Quei che scampar dal mussulmano acciaro E calpesta la fé non lian degli avi, Que’ che di ceppi non lasciarsi avvincere Su queste rifuggirsi aspre montagne A gemer sempre, a spargere 1’estreme Goccie di sangue, a conservare il sacro Deposito de’ prodi, il nome illustre, La santa libertade. Ah ! quanti capi Eletti, quanta gioventù brillante Quai stelle, che finor diedero i monti Nostri, in cruenti ohimè ! caddero pugne, Caddero per l’onor, pel nome illustre E per la libertà. Delle divine Gusle i soavi accordi hanno asciugato II nostro pianto. Oh sieuo benedetti I tanti nostri sacrifizi, quando II forte nostro suolo è già sepolcro Insatollabil delle forze turche ! Che mai vuol dir che le montagne nostre Da lungo tempo ammutolir, nè grida Eroiche s’ odon più eccheggiar ? I nostri Acciari irruginiro. E senza duce Restammo; all’ infedel puzzano i monti; Le pecorelle pascono coi lupi! Il Montcnero si alèò coi Turchi! Sulla pianura di Cetinje 1 Mogia Ottoman grida! Lo schifoso mostro Allacciò fra le sue spire il leone! Annichilito è il glorioso nome Moutcneriu, nè vi restò Cristiano ! ¡X ¡H ' Vengono a quella ragunanza gli Ozrimc, e narrano di aVet* raccolti trenta de* lor compagni, di esser discesi a Duga di ÌS'ik-sic, di avere incontrato de’ Turchi, ammazzatine 11, fatti parecchi