432 Console del mare servitù militari col trasferimento della base navale militare alla Spezia deciso da Cavour. Mentre ancora si discuteva sul miglior progetto da attuare, il 7 dicembre 1875 Raffaele de Ferrari duca di Galliera e principe di Lucedio offri un contributo di venti milioni per le opere occorrenti, ed il gesto munifico di quel patrizio valse a troncare gli indugi. Tuttavia, benché quando Cagni assunse la carica non fossero ancora trascorsi cinquantanni dalla donazione De Ferrari, l’aumento dei traffici imponeva nuovamente una revisione generale e sopratutto ampliamenti, pena la decadenza del porto. E questo fu il grande compito che Cagni dovette affrontare all’inizio dell’èra fascista come ultima impresa della sua vita. Il Duce lo aveva bene scelto fra gli uomini delle più vecchie generazioni capaci di lavorare in perfetta armonia di spirito e di celerità come si doveva fare in tutti i campi della ricostruzione nazionale. Benché fisicamente assai provato dalla intensa vita trascorsa fra gli urti di climi opposti, spesso nella tensione di situazioni difficili e fra alterni colpi di fortuna, l'ammiraglio era ancor giovane nell’animo come uno squadrista di Mussolini. In queste condizioni affrontò il suo consolato del mare, investito di pieni poteri con la consegna di approntare per l’Italia un porto capace di superare le concorrenze di quelli nordici e di quello di Marsiglia, ossia un polmone sufficiente per un più largo respiro della nazione. Quel polmone lo trovò infetto dall’acuta indisciplina dei lavoratori, da pretese di autonomia di enti e di privati, da una rete di interessi, di consuetudini, di legami leciti o illeciti, da resistenze ed inerzie che irretivano i traffici aumentandone il costo a vantaggio di una centuria di privilegiati. Con quale spirito egli si accingesse a continuare l’opera del suo predecessore ognuno poteva intuire da una interrogazione'che Cagni aveva presentata in Senato fin dall’agosto 1922 «per sapere quali disposizioni furono date o saranno date perché resti ormai inconcussa la libertà di lavoro nel porto di Genova e perché non si ricada in quel monopolio che portò a rovina il traffico del nostro principale porto commerciale ». Allora gli avevano replicato segnalandogli il decreto di scioglimento della vecchia am-