- 128 - Stefano risponde tremante di essere Greco. Si chiama un uf-fiziale greco per accertarsene, ma Stefano non conosce punto la lingua greca. Interrogato di nuovo, risponde di essere Dalmata, e supplica il popolo di non lapidarlo. È preso ed incarcerato. In questo ritorna dal confine un drappello de’ Monteneriui, condii-cendo seco il patriarca Esperius : è accolto con giubilo; ma ¡guerrieri lo accusano di aver consigliato i suoi paesani di darsi in braccio ai turchi. L’igumano però lo difende. Dopo ciò giunge un tale Pejo Mazar, Scutarino, con una lettera di Beglerbeg Rumeli-Valisa, in cui si consiglia ai capi del Montenero di non credere a Stefano, ma di riamicarsi col Sultano, e vivere in buon vicinato. Gli si risponde che i Montenerini non stringerebbero mai alleanza coi Turchi, ma che stanno sempre pronti ad ogni evento. I capi ed i sacerdoti, dichiarano al popolo che sarebbe una crudeltà macchiarsi del sangue di Stefano, e ne ottengono la liberazione. 11 principe russo si è forte sdegnato, e, dopo inaspriti i Montenegrini coi turchi, riparte per la Russia. L’ ultimo atto è rappresentato a Seutari nella camera diMemed-pascià. I comandanti Ottomani concertano di sorprendere il Montenero. Si sente all’ improvviso il rimbombo de’ cannoni a Seutari, e in altre città, in segno di festa. Un certo Greco, Paglikardo Stanko, seguito da alquanti compagni, annunzia essergli riuscito di assassinare Stefano. A questa nuova ritorna 1’ armata turca, e Memed-pascià ottiene il grado di Vesire per l’assassinio commesso. In questo dramma domina la massima semplicità nell’ intreccio. I cori rispondono sempre al soggetto del dramma. II Vladika tende a destare sensi convenienti al tempo ; è commendevole nella disposizione delle parti, nella rara scelta di vocaboli e di modi, e specialmente nell' arte dello stile, in cui si mostra impareggiabile maestro. La pubblica stampa accolse questo dramma con molti encomi. Inoltre raccolse c pubblicò il Vladika nel suo Ogledale Srp-sko (Specchio serbo) le migliori canzoni popolari eroiche del Montenero,' dichiarando però che tali canzoni non sono nemmeno la decima parte dei canti popolari di quel paese. I Montenerini non hanno, come gli antichi Scandinavi, scolpita in lettere runiche la lor storia sulle pietre del loro suolo; essi non l’hanno scritta, come gli Egizi e i Greci, sui lor monumenti : non hanno avuto, come l’Italia e la Francia, delle comunità di religiosi, i quali, nel silenzio dei chiostri, componevano pazientemente le loro cronache. Ma eglino 1’ hanno conservata nei canti po-