180 tissimi, sembravano però fin dal principio gli animi inclinare al Dandolo siccome quegli eh’ era stato il primo promotore dell’ impresa, quegli che, ad onta dell’ età e della debolezza della vista, avea voluto condurla, e tante prove avea dato dì prudenza e di valore, al che pure aggiunge-vasi la considerazione che la potenza marittima della Repubblica sarebbe tornata opportunissima alla conservazione del dominio. Ma Pantaleone Barbo e gli altri elettori veneziani vi si opposero : consideravano cqme per la dignità imperatoria, risiedente a Costantinopoli, la patria loro originaria, la loro Venezia, sempre libera e già per sè grande potenza, diverrebbe città secondaria e vassal-la : come sarebbe stato difficile e di grande aggravio ai Veneziani sostenere quella gran capitale, circondata come era da tutte le parti da nemici ; meglio volgere l’attenzione ad acquistare quelle parti che a tenore del trattato ad essi spettavano e che avrebbero mirabilmente giovato a dare ancor maggiore incremento al loro commercio, nsl quale ben più che non nel fasto d’ un vano titolo era a porsi la grandezza della patria. Escluso così, pei1 lo stesso concorso dei Veneziani, il doge Enrico Dandolo, altre politiche considerazioni movevano i veneti elettori ad unirsi al partito favorevole al conte Baldovino di Fiandra piuttosto che al marchese di Monferrato, perchè' consideravano che questi era principe di breve terra, e licenziati i Francesi e i Veneziani, non avrebbe potuto sostenersi coi propri mezzi nell’impero, del quale d’altronde troppa preponderanza sa-rebbegli venuta in Italia (1) ; che il conte Baldovino invece per le proprie terre popolate di armigera gente e per le sue relazioni in Germania ed in Francia poteva ad ogni bisogno mettere in piedi considerabile esercito, e dare più forze al nuovo impero, senza per alcun modo divenir (1) And. Moroaini. 1