112 Alessandro restavano all’Aquilejense come suffraganei i vescovi di Como, Mantova, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Feltro, Belluno, Ceneda, Trento, Concordia, Trieste, Capodistria, Parenzo, Pola, Cittanova e Pedene, escluse le due pievi della Tisana e s. Floro. Alla chiesa gradense rimanevano i diritti metropolitani nell’ Istria sugli altri vescovi, su alcune altre parrocchie, sui vescovadi dei lidi, cioè del Dogado di Venezia, nonché la Primazia stilla Dalmazia per la bolla di Adriano IV nel 1157. Fatte tutte queste cose, partì prima l’imperatore alla fine di settembre e poi il papa alla metà di ottobre (1), con grande accompagnamento, ritornando ciascuno ai proprii Stati (2); e tutti celebravano i Veneziani dicendo: « Oh quanto beati siete voi, o Veneziani, presso i quali si è potuta conchiudere tal pace, che sarà invero gran monumento del nome vostro in eterno » (3). La minuta narrazione di questo grande avvenimento, come qui fu fatta coll’ appoggio d’incontrastabili documenti e in ispecialità delle lettere stesse del Pontefice e del suo itinerario, varrà a togliere finalmente ogni dubbio circa ai particolari della sua venuta a Venezia, e a mostrare pienamente che questa fu manifesta e con tutta la pompa dovuta al suo grado, non già nascosta e accompagnata da quelle favole, che sarebbe ornai tempo di lasciar tutt’al più alla popolare credulità. Ciò non di meno credo opportuno di narrarle, come raffronto alla veridica sposizione dell’avvenimento e perchè uno stronco recente, ad onta degli studii di valenti critici (4), mostrò volerle ancora difendere. (1) Altinate e Jaffè, Reg. pont. (2) Il papa tornò a’ suoi Stati per mare e non toccò Ancona, ma come nel venire fu a Siponto, Troja ecc. (3) Cron. Altin. (4) Zon e Cicogna nelle Iscriz. ven., t. ]V.