184 Conquiste all'ignoto dell’impero sconosciuto, lassù, lontano, dove il mare si rapprende in un deserto di cristallo, il giorno e la notte si dividono l’anno a mezzo. L’Italia si risolleva dal lutto regale, cosi recente e cosi ancora inaccettabilmente incompreso, nella fede di un altro principe che cercò la prova della propria sovranità dove la vita stessa non aveva osato inoltrarsi, preparandovisi forse alla necessità di più storica impresa ». Cagni segui il Duca, disceso immediatamente in Italia, ma potè appena riabbracciare la fidanzata venuta ad incontrarlo alla frontiera, perché dovette accompagnare il Principe presso il giovane Re, fino a Napoli, dove gli esploratori furono accolti da entusiastiche dimostrazioni di popolo. Nel corteo che seguiva la carrozza dei Reali e del Duca, il cerimoniale aveva relegato Cagni a gran distanza. Ma Vittorio Emanuele III si accorse di quella ingiusta situazione dell’uomo che aveva procurata l’effettiva vittoria e lo fece chiamare a sé con simpatico gesto. Altri festeggiamenti seguirono a Roma e altrove. Benché la grande prova fosse superata, non era ancora venuto il momento della libertà: col suo dito ancora dolente per la piaga aperta Cagni dovette seguire il Duca in Norvegia per liquidarvi la spedizione. Passò prima da Verona per salutare i genitori di Querini, e fu nobile gesto di un uomo che già doveva sopportare insinuazioni di responsabilità personale affioranti da qualche parte per la scomparsa del collega. E siccome del gruppo Querini faceva parte il norvegese Stòkken, anche in Norvegia Cagni dovette subire il fastidio di una specie di inchiesta: anzi si sottopose volontariamente ad un interrogatorio presso il tribunale di Sandefjòrd. Formalità tutt’altro che simpatica: <« Il mio interrogatorio è durato cinque ore e mezza filate con un solo riposo di mezz’ora durante il quale ho potuto mangiare qualche cosa. Ero digiuno dal giorno precedente ed erano le tre e mezza e più. Neanche un delinquente celebre avrebbe passata una trafila simile. Solamente verso sera, alle nove passate ho potuto ritornare all’albergo per cenare, non ti so dire in quale stato di spossatezza. Nulla vi è che stanchi di più di quell’ambiente