227 a spese proprie, metà a spese del papa; a dare imbarco sopra di esse a trecento cavalieri con un destriero, due ronzini e tre scudieri per ciacbeduno, nonché alle loro armi e provvisioni per tre mesi ; a somministrare al papa durante la guerra quanti altri navigli volesse, pagandone egli il nolo, e tenendoli a tutte sue spese ; a mandare inoltre alla guerra duemila fanti e cinquecento balestrieri ; non fare pace o trattato coll’ imperatore senza espressa licenza del papa, pagando la Repubblica, quando vi mancasse, l’ammenda di seimila marchi d’argento, in cauzione de’ quali s’impegnavano i beni del Comune e del doge. Il papa prometteva dal canto suo di cedere in compenso ai Veneziani le città di Bari e di Salpi con libera curia, e colle giurisdizioni, pertinenze, libertà ed immunità attinenti: che essi potrebbero tenere loro consoli in tutta la Sicilia, nei ducati di Puglia e Calabria, nel principato di Capua ecc., conferendo loro inoltre in feudo tutt’ i paesi che potessero conquistare in quel regno, giurando fedeltà gl’investiti tanto al Papa, quanto al Comune di Venezia ed al doge. Da codesto trattato dei Veneziani chiaro apparisce come oltre al pensiero di vendicare il loro concittadino Pietro Tiepolo, oltre alla causa italiana, erano, come al solito, interessi proprii che moveano in gran parte alla presa risoluzione. Federico dal canto suo tanto più s’inaspriva, quanto più ricordava i favori da lui in addietro concessi alla Repubblica, e davasi quindi a suscitarle nemici da tutte le parti. Così eccitò gli Anconetani ad inquietare con piraterie l’Adriatico e Pola a sollevarsi ; fomentò la rivolta de’ Zaratini che aveano cacciato'il conte Giovanni Michiel, arrestati tutt’i Veneziani che si trovavano in Zara e sequestrati i loro beni. Pola fu presto ricuperata e punita da Giovanni figlio del doge (1) ; Marco Zorzano fu spedito a (1) Non già Antonio, ohe neppure si trova tra i figli del doge.