‘230 al quale s’ erano congiunti i fuorusciti ferraresi, il legato pontifìcio Gregorio da Montelungo coi Milanesi ed altri Lombardi, il podestà di Bologna Paolo Traversari (che col soccorso dei Veneziani e degli altri confederati erasi fatto signore di Ravenna), il conte Rizzardo di Sanbonifazio, Alberico da Romano, Biaquin di Guecello da Camino ecc. Queste truppe stendevano i loro accampamenti in un prato alla destra del Po nel borgo di s. Luca fino alla porta, ora distrutta, del borgo disotto. Il Salinguerra dal canto suo a ripararsi avea fatto fare un taglio nel Po inondando i campi a tramontana della città, e 1’ assedio cominciò il 2 febbraio 1240, ma con poco frutto, difendendosi il Salinguerra valorosamente. Chiedeva perciò il legato papale nuovi rinforzi da Venezia e specialmente una flottiglia atta a stringere la città dalla parte del fiume. Lette al consiglio le lettere del legato, dicesi il doge orasse rappresentando (1) come fosse dovere d’imitare i progenitori, i quali aveano sempre stimato le imprese degli amici e confederati come loro proprie ; or tanto più doversi ciò fare, quanto che l’impresa era principalmente in favore del santo padre del quale e della cattolica Chiesa i Veneziani erano sempre stati e doveano essere devotissimi cultori e servitori; vedessero come la Santità Sua fosse malamente ingiuriata e vituperata dagl’ imperiali, e sopra gli altri dal Salinguerra, che grandi offese fece eziandio alla Repubblica, la quale tenendo lui il dominio di Ferrara non potrebbe avere mai pace. Per la qual cosa, se prudenti fossero, non differirebbero punto a concorrere di tutte le loro forze a liberar Ferrara dal tiranno : deliberassero adunque di continuar a guerra animosamente, rinforzar l’esercito e far tutto quello che possibil fosse per vincere, non ri- (1) Caroldo.