145 allo spaccio degli affari. Le quali cose tutte ei giurava di osservare puntualmente verso ognuno, esclusi quelli soltanto che si rifiutassero al giuramento di fedeltà. Assunto nell’ anzidetta forma il governo, il doge Enrico Dandolo volse dapprima le sue cure a proteggere il commerciò dell’Adige, ove i Veneziani avevano avuto qualche molestia dai Veronesi. Questi, alla minaccia soltanto di una totale sospensione di traffici colla loro città, piegarono agli accordi, promettendo il compenso dei danni, il libero passaggio sull’Adige, di ritirare tutto il loro sale da Venezia, e convenendo in altri patti concernenti la giustizia, i maleficii o delitti, i debitori ed i dazii (1). Conchiuse inoltre trattati con Treviso (1198) (2), col patriarca d’Aquile-ja (1200) (3), col re d’Armenia (1201) (4) ; ma soprattutto chiedeva la sua attenzione la Dalmazia, ove era a lavare la macchia dell’ ultima sconfitta, ove bisognava far valere di nuovo la supremazia veneziana in un paese tanto importante alla Repubblica. La flotta a questo scopo inviata s’impadronì dell’ isola del Pago e si presentò innanzi a Zara. Ma gli abitanti si volsero nelle loro angustie per soccorsi ai Pisani, e le navi di questi, comparse nell’Adriatico, presero Pola (5). Mandò allora il doge contro di essi Giovanni Morosini e Ruggero Premarin (6) con dieci galere e sei navi, che Pola ricupera-rono, poi dirigendosi verso Modone, predarono due navi pisane con quattrocento uomini e ricco bottino di merci. Ma miove forze venivano, sostenute anche dagli abitanti di Brin- (1) Poeta I, 207. (2) Poeta I, 43. (3) Codice Trevisaneo. (4) Poeta I, 167. (5) Kreglianovicli, St. della Dalmazia. (6) Dandolo.