270 tini alle armi, i Greci al saccheggio. Ogni resistenza si fa impossibile : le fiamme si alzano da tutte le parti, i Latini sono costretti a fuggire e nascondersi : Baldovino lascia in tutta fretta il palazzo, e gettando le insegne imperiali si salva col podestà veneto Marco Gradenigo e col patriarca Pantaleone Giustinian (1), sopra una nave che tosto si staccò dal porto : altre barche seguono portando le principali famiglie, che nell’abbandonare la città vedevano fin da lontano l’incendio, udivano le grida della disperazione dei - vinti, miste a quelle del tripudio dei vincitori. Ritornava intanto la fiotta dalla vana impresa di Dafnusia e, scorgendo da lungi quelle fiamme, non sapeva spiegarsene la causa, quando avvicinatasi maggiormente, vide il crudo e miserando spettacolo e gente innumerabile sulla riva, che stendeva verso di essa le braccia perchè l’accogliesse nelle sue navi. Non ricusarono i Veneziani il loro soccorso ai confratelli e recatili in buon numero a Venezia, ebbero pietosa accoglienza e generosi sussidii, anzi alcune delle più distinte famiglie furono ammesse al Gran Consiglio (2). Michele Paleologo il quale a principio esitava a dar fede a tanto felice evento, tenne poscia il suo solenne ingresso nella capitale del greco impero il 26 luglio 1261, e fece cessare la strage ; lasciò i Veneziani e i Pisani nei loro stabili-menti, ma ai Genovesi suoi amici concedette il palazzo detto Pandocrator, ove risiedeva per solito il bailo veneziano (3). Se non che venendo essi pel loro numero e per l’alterigia ben presto a destare qualche diffidenza nel nuovo imperatore, questi credette prudente di allontanarli, togliendo così anche ogni motivo di spiacevole incontro coi (1) Caroldo. (2) Vedi tra le altre la Cronaca di Magno. (3) Ducange. Hist, de Constantinople.