privilegi de’ suoi sudditi nelle terre imperiali, fece loro altresì nuove concessioni nel suo regno di Sicilia, ove era loro permesso approdare a qualunque porto ; morendo nel suo regno, potrebbero liberamente disporre de’ loro averi ; quando non vi fosse testamento, 1’ eredità avrebbe ad essere raccolta dai connazionali ; non si esigerebbe da essi la terciaria nelle loro cause dinanzi ai tribunali ; le robe dei naufraghi ricuperate, sarebbero sicure ecc. (1). Visitò nella sua dimora i luoghi principali della città, s’istruì della forma del suo governo, e interrogato di ciò che vi trovasse di più ammirabile, dicesi rispondesse: che ogni cosa eragli piaciuta, ma soprattuto stimava la fede e 1’ u-nione eh’ egli scorgeva in tutta la città dal massimo al-l’infimo suo cittadino. E ben a ragione dovea ciò ammirare in tempi com’ erano quelli in cui tutto parteggiava, in cui tutta Italia specialmente era dilacerata dalle fazioni, dalle guerre tra città e città, tra cittadini e cittadini, con non mai abbastanza deplorabile consumo di forze che a-vrebbero potuto essere piuttosto adoperate alla grandezza italiana. La lega lombarda, lungi dal lasciarsi intimorire dagli apparecchi di Federico o sviare dai suoi maneggi, sempre più rassodavasi e forniva di comune concorso un tesoro pei bisogni della guerra da depositarsi parte a Genova, parte a Venezia. I tentativi di conciliazione fatti dal papa a nulla riuscirono, essendo ambedue le parti troppo tenaci del proprio proposito, 1’ una di volersi difendere dalle pretensioni dell’ imperatore, 1’ altra di voler abbattere quella ostinata opposizione. Così ricominciò la guerra, e Federico, sostenuto principabnente dal suo fido Eccelino da Romano, faceva continui progressi. Accolto in Verona, devastò il (1) Pacta I. 189, lib. Blanc.us e Cod. CCXXX,