146 disi, e nuove forze inviava Venezia : alfine la flotta pisana dovette ritirarsi, e Brindisi pagò cara 1’ assistenza prestata. A que’ tempi, i movimenti dell’ imperatore Enrico VI, figlio e successore del Barbarossa, tenevano di nuovo in agitazione l’Italia e specialmente il regno di Napoli, cb’ei voleva torre a Tancredi colà succeduto a Guglielmo II. Soccorso di navi da Genovesi e Pisani, Enrico si fece padrone del regno e vi si condusse da spietato tiranno, onde il suo nome suonava tremendo in tutta Italia. Già volgeva in mente la conquista di Costantinopoli, quando sorprendevalo la morte (1197), lasciando dopo sè solo un tenero bambino cbe fu Federico II. Nell’ anno stesso egli avea confermato ai Veneziani i soliti privilegi (1). Nè più regnava l’imperatore Isacco a Costantinopoli, chè per nuova rivoluzione cacciato dallo stesso fratello A-lessio dal trono al fondo d’una carcere, e abbacinato, attendeva da qualche altra vicenda di fortuna la sua liberazione. Intanto i Veneziani si volgevano al nuovo imperatore e per mezzo degli ambasciatori Reniero Zen e Mario Mastropiero chiedevano la solita rinnovazione degli antichi Crisoboli e i compensi già convenuti col suo antecessore. Gli ambasciatori furono bene accolti, e tornarono a Venezia accompagnati da Giovanni Catafloro apocrisario. Ma siccome questi non portava che vane parole, furono spediti altri ambasciatori che tornarono parimenti a Venezia con Giovanni Monucopulo (2). Ben era chiaro come l’imperatore non mirasse se non a guadagnar tempo, laonde furono inviati a Costantinopoli con decisive istruzioni Pietro Michiel e Ottavio Querini, i quali ottennero alfine nel 1.199 il desiderato Crisobolo e le somme che la Repubblica da tanto tempo attendeva a inden-nizzamento dei danni sofferti per opera di Manuele e di An- (1) Liber Blancm e Pacta II, 83. (2) Dandolo.