63 mente abbandonati dai Greci, disfecero dopo lungo conflitto i nemici, presero quaranta lor navi, altre sommersero, altre inseguirono fino alle loro terre (1). Poi a richiesta di Manuele si volsero all’ assedio di Corfù, che restava ancora in potere dei Normanni. Ad evitare le risse che avessero potuto insorgere tra Veneziani e Greci in causa degli odii ancora recenti e dell’ abbandono nell’ ultima battaglia, si erano stabilite le due flotte in differenti stazioni ; ma fu vana cura, perchè non appena i soldati si trovarono a caso negli alloggiamenti, che cominciando ad insultarsi colle parole, da queste passarono ai fatti e ne derivò violenta zuffa ed aperta guerra. « Combattevano, scrive Niceta, i Veneziani con una rabbia da disperati, non curando la morte e con tale ardimento come se fossero in numero di gran lunga superiore. Non bastavano a calmar tanto furore nè le preghiere, nè le minaccio dei più autorevoli. Finalmente i Veneziani soperchiati dal numero, cedendo, si ritirarono sulla flotta, animosi ancora e minaccianti vendetta » (42), Ma non si limitarono a questo i disordini, chè, sorpresa l’isola d’Asteride, la misero a ferro e a fuoco, poi impadronitisi di una galea imperiale ne adornarono la poppa di finissimi tappeti, e gettato un manto imperiale indosso ad uno schiavo etiope, e postogli in capo una corona, ne fecero ludibrio ai loro scherzi più insolenti (3). Ad onta di ciò tanto era urgente il bisogno che Manuele avea delle armi loro, che per allora dissimulò 1’ oltraggio, attendendo, come vedremo, il momento opportuno a vendicarlo. Al fine dopo lunga resistenza fu presa Corfù, ma la flotta greca contrariata dalla burrasca non potè effettuare (1) Fazello, De reb. Sicil. (2) Niceta-, p. 48. Ediz. Ven, (3) Niceta, Hist,, 1. 7,