170 rico Dandolo, il vecchio doge, armato di tutto punto se ne stava sulla prora della sua nave, agitando lo stendardo di s. Marco e gridando alle sue genti si facessero avanti, prendessero terra, gravi castighi minacciando ai renitenti (1). Le galere infine toccarono i lidi, e allora i soldati, sprezzando gl’ impedimenti e i pericoli, scesero, seguendo 1’ esempio di quelli della capitana del doge, rapidamente a terra ed ingaggiarono tale conflitto, che i Greci spaventati si ritirarono alla difesa delle torri, disposte tutto lungo le mura e all’ espugnazione delle quali tosto s’accinsero i Veneziani per non lasciare al nemico tempo di riaversi. Dopo lungo e sanguinoso sforzo pervennero ad impadronirsi di venticinque di quelle torri. E siccome altri nemici accorrevano dalla città, i vincitori per tenerli indietro diedero fuoco ai vicini edifizii : alzavansi crepitanti le fiamme, tutto ardeva lo spazio tra il colle di Blacherna e il monastero di E-vergete; ma mentre così trionfavano i Veneziani da quella parte, grave pericolo minacciava dall’altra ai Francesi, assaliti con numerose forze da Alessio. A tal notizia il doge accorse tosto in loro aiuto, con quanta più gente potè ritirare dalla difesa delle conquistate posizioni, e Alessio cedendo alle insinuazioni de’ suoi vili cortigiani, fe’ suonare a raccolta (2). Rimasero sbalorditi i cittadini e accusarono le truppe, e queste Alessio, il quale non istimandosi ornai più sicuro nemmeno tra il suo popolo, s’imbarcò secretamente nella notte co’ suoi tesori, per salvarsi nella Tracia, abbandonando vilmente il trono, la moglie, i sudditi. I quali appena ebbero notizia della sua fuga, che corsi al carcere d’Isacco il liberarono e, con mirabile cangiamento di fortuna, il riposero in tròno. Furono quindi sospese le ostilità, e grande fa la meraviglia dei Latini al ricevere il domani (1) Andrea Morosini. Le imprese ecc. (2) Niceta III.