266 le altre volte in fuga, i quartieri genovesi in Acri, i magazzini saccheggiati, bruciati, furono testimonii del valor veneziano, ma in pari tempo degli eccessi a cui la gelosia di commercio può trascinare le città ed i popoli. E mentre ciò appunto accadeva in Siria (1), papa Alessandro IY cercava di metter pace fra le due repubbliche : a ciò persuadendole co’ suoi legati, a ciò coi monitorii, a ciò perfino colle minaccie ecclesiastiche, avocando a sè il giudizio nelle loro contese e invitandole a spedirgli loro deputati. Si recarono infatti a Roma Princivalle Doria, Luca Grimaldi, Uberto Passio, Ugo del Fiesco per parte di Genova ; Giovanni da Canale, Filippo Storiato e Marco Quirini per Yenezi'a; Renato Marzupo, dottor in legge, per Pisa. Comparsi alla presenza del pontefice, furono da lui assai benevolmente accolti (2), e per le sue persuasioni tutte le parti consentirono ad una tregua colla restituzione dei prigionieri : la torre munitissima dei Genovesi ad Acri dovea essere demolita (3), quolli di Tiro non potrebbero alzare il vessillo genovese entrando in Acri, nè avrebbero in questa città curia e precone particolare (4). La cosa però non ebbe qui termine: chiedendo il legato papale fra Tomaso, vescovo di Betlemme, che a tenore delle lettere del papa i Veneziani e i Pisani avessero a consegnare in sua mano le fortezze che tenevano in Acri, essi vi si rifiutarono (5), e le ostilità fra (1) Caffaro L. VI. R. I. Script. VI, p. 526. (2) Caroldo. (3) La cronaca Zancaruola, il Cod. DCCXXIII, cl. VII it. ed altri raccontano d’una pietra rossa appartenente alle fondamenta del castello e collocata a Venezia a s. Pantaleone. (4) Sanudo Torsello. Tane pax in cioitate Ptolomaydae hoc pacto reformata est, ut videlicet turris munitissima Januensium destruatur, cunctaque edificia, et Tyri de cetero commorantes vexillum in siris navigiis ad portum Ptolomaydae numquam portelli, nec in Ptolomayda habennt de cetero curiam vel precònem. Ad a. 1258. (5) Docum. del 12i'l in Salili, t. II, p. 199.