307 Trovava il nuovo doge Jacopo Contarini la discordia cogli Anconetani per reciproche violenze nel Golfo di tanto avanzata da far prevedere imminente la guerra. Già nel concilio di Lione essi aveano presentato lagnanze contro le prepotenti leggi dei Veneziani, ma questi sostenevano che difensori del Golfo fino dagli antichi tempi, aveano pur diritto d’imporre riguardo ad esso quei provvedimenti che valessero a tutelare la loro Repubblica da ogni pregiudizio e dalla malevolenza dei vicini ; adducevano che lo stesso papa Alessandro III aveane dato loro, secondo il costume de’ tempi, l’infeudazione ; che alla Repubblica aveansi a rendere grazie se Slavi e Saraceni e Normanni erano nei passati tempi stati rattenuti nelle loro rapaci incursioni ; che dunque, e pei meriti grandissimi e pei diritti evidenti, spettava ad essa quel dominio e di stabilirne le regole. Per conciliare le parti, il papa si volse esortando i Veneziani a desistere dalle fatte novità. Ma la cosa andò per le lunghe; varie ambasciate si scambiarono da una città all’altra, finché nel 1277 nè Ancona nè Venezia volendo piegarsi, fu uopo venire» alla decisione delle armi. Giovanni Tiepolo mosse con tredici galee verso la spiaggia di Ancona, seguito poco appresso da altrettante sotto il comando di Marco Mi-chiel. Fu eletta dal Maggior Consiglio all’ amministrazione di questa guerra una giunta di venti Savii, che mandarono all’ armata altre sei navi cariche di macchine e di militari strumenti. E già cominciava 1’ assalto della città, già le macchine cominciavano a battere le mura, quando essendo in sulla fine di giugno si alzò furiosissimo temporale accompagnato da tuoni, lampi e dirotta pioggia. Tra il fischiare del vento, l’imperversare delle onde, la furia spaventevole degli elementi, le navi veneziane furono respinte nel mare, mal servendo più ornai 1’ arte e la destrezza a maneggiarle e dirigerle, ond’ esse ruppero in parte alla costa