se oltre a ciò qualche scaramuccia o combattimento, finché, giunti alfine gli aspettati soccorsi da parte del conte di Tripoli, presero i Cristiani nuovo coraggio, si disanimarono i Saraceni, tra i quali cresceva pur ogni dì la fame, e sorgeva discordia tra i soldati del re di Damasco e quelli del califfo d’Egitto. Intanto gli Ascanoliti facevano un ardito tentativo, la buona riuscita del quale poteva far cambiare affatto l’aspetto delle cose. Udito come Gerusalemme era rimasta quasi spoglia di difensori, idearono d’impadronirsene per un colpo di mano, od almeno di fare un gran numero di prigionieri e ricco bottino nelle terre adiacenti. Scendendo quindi d’improvviso dai monti predarono le campagne, parecchi Cristiani presero, altri uccisero, ma gli abitanti di Gerusalemme, dato tosto di piglio alle armi, uscirono prontamente contro il nemico, il quale, deluso nella sua espettazione, si ritirò a precepizio, inseguito per buon tratto di strada dai guerrieri della Croce. Altro tentativo per liberare Tiro fu fatto da un grosso esercito saraceno partitosi da Damasco, e correva voce che poco tarderebbe a venire anche 1’ armata d’ Egitto, onde le cose dei Crociati parevano volgere a male e tanto più che la discordia ed il sospetto s’ erano sparsi nel campo. Imperciocché co-minciavasi a buccinare che i Veneziani all’ apparir dei nemici si sarebbero ritirati alle navi, abbandonando i confratelli all’ assalto dei Turchi. La qual cosa appena udita dal doge Michiel, ei fece subito portare al campo, in pegno della sua fedeltà, le vele ed altri attrezzi della navigazione, accompagnando l’atto magnanimo di parole tanto gravi che fecero cadere ogni sospetto e vergognare gl’ indegni calunniatori. Ritornata quindi la scambievole fiducia, fu affidata al conte di Tripoli ed a Guglielmo Buris contestabile la difesa contro le truppe di Damasco ; il doge assunse dì farsi incontro all’ armata egiziana, lasciando però