68 di alcune tracotanti città, abbattere ima effimera repubblica romana, contenere la siciliana potenza. Correva il mese di ottobre 1154 quando Federico, superate le Alpi, entrava per la via di Trento in Italia e, nella piamira di Roncaglia sul Piacentino, convocò una dieta generale a cui intervennero i consoli e deputati di quasi tntte le città a portare loro querele e onorare il monarca, nè mancarono neppur quelli di Milano. I Genovesi recarono splendidi regali e furono molto accarezzati ; il doge Domenico Morosini mandò il proprio figlio Domenico, Yital Faliero e Giovanni Bonaldo, che ottenero la conferma degli antichi trattati (1). Federico, impaziente di cingere la corona imperiale, dopo aver dato il guasto ad alcune terre dei Milanesi cui accagionava della mancanza dei viveri, risalì il Po fino a Torino, arse Chieri ed Asti, e, dopo lungo assedio, Tortona. Yoltosi poi per Pavia e Piacenza a Roma, diede in mano al Papa il sommovitore Arnaldo che fu bruciato su d’un rogo e le sue ceneri si gettarono nel Tevere per sottrarle al fanatismo del popolo. Incoronato da Adriano il 18 giugno 1155, dovette colle armi quotare una sollevazione del popolo, e partitosi da Roma, poco stette, pei calori della stagione e per le epidemie fra le truppe, a riprendere il cammino di Lombardia. Arrivato a Verona, pubblicò una sentenza contro i Milanesi privandoli del diritto di zecca e d’ altri loro privilegi, poi superata a grande stento e con grave pericolo la Chiusa, ove trovò abbarrato il passo, potè ridursi salvo in Germania a rifarvi 1’ esercito e prepararsi ad una nuova spedizione, in cui meditava punire severamente Milano. (1) Questo trattato non fu dagli storici ricordato e leggesi in una pergamena assai sbiadita e corrosa nel Codice LXXI, cl. XIV lat. alla Marciana.