Presa di Tripoli 273 vita, fondata su reciproca stima ed una convinta, armoniosa corrispondenza di idee e di opere. Il fondatore del movimento nazionalista vedeva personificato nell’intrepido marinaio il suo ideale guerriero, quasi il braccio secolare dei principii che egli sosteneva all’alba della ripresa nazionale. A sua volta Cagni senti per la prima volta nella sua vita di agire fra gente che lo comprendeva e ne provò come un senso di ebbrezza mai goduto. Corrispondenza rara fra l’uomo e l’ambiente. Nella prima lettera che potè scrivere alla famiglia diceva: «Abbiamo passate delle notti intere molto nervose e per me angosciose sotto la minaccia di attacchi ed in continui allarmi i quali in certi momenti delle prime notti mi fecero quasi pentire di aver forzata la presa della città ». « Gli ufficiali fanno un servizio meraviglioso di vigilanza e di oculatezza. Dormono sulla terra nuda con gli uomini e mangiano il loro rancio. Sono cari e bravi. E il mio orgoglio di Italiano esulta qui ove non sento che forza e verità, lungi da tutti i raggiri, da tutte le viltà dalle quali mi sento circondato purtroppo quando sono in Italia. Perfino i giornalisti, che tratto al mio solito modo, sono diventati miei amici, perché in questo ambiente diventano persone come tutte le altre. Mi chiamano Cagni bey ». All’entusiasmo del Comandante e dei suoi amici faceva eco in Italia il crescente fervore popolare subito espresso nella euforica canzone che giunse ai combattenti come incitamento: Naviga, 0 corazzata, benigno è il vento e dolce la stagion. Tripoli, terra incantata, sarà italiana al rombo del cannon. A te, marinaio, sia l'onda sentier... Mentre continuava la consegna delle armi, Cagni fece arruolare tutti gli zaptiè che si presentavano volontaria- 18.