50 bilimenti, ripartì alla volta d’ Europa e tolse a devastare le isole greche, asportandone ricco bottino. Poi, voltosi alla Dalmazia, riprese le perdute città (1). E tornava ancora con nuovi rinforzi contro la Grecia (1126) ed, occupata Cefalonia, già si faceva innanzi minaccioso, quando l’imperatore, ad arrestarne i progressi, si affrettò a mandargli ambasciatori per trattare della pace. Fu questa conclusa, dopo non poche difficoltà, giacche grande era l’irritamento degli animi, tanto che narrano alcuni cronisti, assorsi in Venezia persin proibito a quel tempo di portare la barba a modo dei Greci. Calojanni dovette confermare il crisobolo del padre Alessio, e tutti i privilegi in esso contenuti, ed i Veneziani ripresero ovunque liberamente il loro commercio (2) (1126). Tornò il doge trionfante a Venezia: traeva il popolo a folla dalle più lontane parti a salutare colle acclamazioni i valorosi che tanto aveano innalzato la gloria e la prosperità della patria ; ad ammirare le spoglie dell’Oriente, marmi preziosi, splendide stoffe, sacre reliquie. Quelle di s. Isidoro venivano solennemente deposte in una cappella al santo intitolata, e decreta vasi in quel giorno lina visita annua del doge ed una festa di palazzo : il corpo di s. Donato passò a Murano. E quando più tardi giunsero al colmo di loro splendore le belle arti, furano chiamati i famosi pennelli di Sante Peranda e dell’ Aliense a rappresentare sulle pareti della sala dello Squittinio, quegli il combattimento navale (3), questi la presa di Tiro : ed altro ricordo dei (1) Lucius cleKcg. Dalm., p. ‘29. Cicogna, Iscr. IV. Cron. Altinate, pagina 155, ove leggesi la distruzione di Belgrado o Zara vecchia che a-vea fatto resistenza:. L’ autore pare fosse contemporaneo. (2) Anna Comnena col solito orgoglio hisantino : Et quoniam petie-runt idem Chrisobulum ipsis factum B. imperatoris acpatrisnostri cor-rigi sibique iteruni dari, clementia nostra eos exaudivit. (3) Nel quadro della battaglia navale, il proveditore Marco Barbaro,