291 veano essere approvati ad uno ad uno dal Maggior Consiglio ; tanta fu la cura che metteasi ad evitare l’ambito, e le tante e ripetute leggi tendenti ad impedirlo nella distribuzione dei vari uffizi!, ben dimostrano come questo fosse un male difficile a sradicarsi nella Repubblica. I quarantuno dopo ascoltata la messa dello Spirito Santo, si raccoglievano in apposita sala, e prestato il giuramento di fare una buona elezione secodo la loro coscienza, eleggevano dapprima tre presidenti o due segretarii, poi ciascuno chiamato a nome andava a gettare nel-1’ urna la sua polizza col nome del proposto. I segretarii, aperte le polizze, facevano lo spoglio dei nomi, poi li mettevano in altra urna ed uno erane estratto. Se l’individuo estratto si trovava nell’ adunanza dovea tosto allontanarsi, ed ognuno degli elettori avea il diritto di levarsi ad esporre le sue obbiezioni ed accuse contro il candidato, il quale era quindi chiamato a rispondere e giustificarsi. Procede-vasi dipoi allo squittino, e noverate le palle affermative e le negative, se il candidato aveane ottenuto venticinque favorevoli era dichiarato doge, altrimenti passavasi a nuova estrazione. Compito il rito dell’ elezione, il nuovo doge era pubblicato, e se trovavasi in città, andava solenne comitiva a levarlo alla sua casa, per condurlo al Palazzo Ducale. Entrava con numeroso corteggio nella basilica di s. Marco, ove salito sulla tribuna di marmo a sinistra del Coro, mostravasi al popolo, e, dopo aver assistito alla messa solenne e giurato fedeltà allo Stato e alle sue leggi, riceveva dalle mani del Primicerio lo stendardo della Repubblica e il manto ducale. Faceva poi il solito giro della piazza nel Pozzetto, saliva la scala del palazzo, ed in capo alla medesima il consigliere più vecchio impo-nevagli la ducale corona. Passava quindi nella sala detta /