215 ne il solito tributo de’ gamberi e delle ciliegie provenienti da Treviso, delle quali spettavano al doge due parti (1) e la terza a chi le raccoglieva. Non s* ingerirebbe neppure delle cose di Chioggia senza il concorso della maggior parte del suo Consiglio, conservando però sempre il diritto della barca (gundula), del fieno e del vino, le onorificenze alle visite sue o de’ suoi nunzii, nonché quanto gli spettava allorché andasse o mandasse a cacciare, come altresì gli appelli e le interdizioni d’ uso e le pene eh’ egli avea facoltà d’imporre ai Chioggiotti quando mancassero agli obblighi loro. Spettava però al Comune di dare ad essi un podestà o gastaldo, e di esigere il ripatico ed i compensi (panna) degli omicidii e delle ferite, ed altre cose che in addietro erano di pertinenza del doge. Per lo che il Comune assumeva tutte le spese che prima si facevano per esso dal doge, come dell’ invio di messi ed altre, ma all’ interno da Grado a Loredo e Capodargine, il doge viaggerebbe a proprie spese. Egli avrebbe a concorrere agl’ imprestiti al paro degli altri cittadini (2) ; osserverebbe quanto di costume relativamente alle chiese e alla conservazione dalla Basilica di s. Marco di cui avea il protettorato (3) ; non manderebbe lettere nè legazioni al papa, all’ imperatore, o ad altri principi, senza 1’ approvazione del suo Consiglio, e ricevendone ne comunicherebbe a questo il contenuto : non nominerebbe giudici del Proprio a suo arbitrio, nè sottrarrebbe loro i dovuti compensi, (1) FA excepto datione caeresiarum quae portabuntur de Tarvisana, quarum duas partes habere debemus donec collegentur et habebuntur per Venecias et ille qui collegit terciam. (2) Veruntamen imprestitum faciemus sive avetaticum. L’ aiutati-cuvi, adveaticum o forse adiutatìcum, era un sussidio che il doge dava pei bisogni della guerra. V. Muazzo St. del governo della Repubblica. (3) Juramus statini et honorem, ecclesiae beati Marci bona fide et sine fraude conservare.