217 dalle leggi; avrebbe di emolumento 2800 lire di danari veneti 1’ anno, divise per trimestri ; oltre a cento cinquanta Romanati dal Comune di Veglia, con più un regalo di altri sessanta ; e le solite regalie di Cherso, Ossaro, Arbe, Ragusa, Sansegio ecc., nonché le onoranze dell’ Istria ; de’ panni d’ oro soliti a mandarsi dai signori di Negropon-te avrebbe la metà, spettando 1’ altra alla chiesa di s. Marco. Quando il doge fosse impedito di attendere debitamente alla cosa pubblica, supplirebbero i consiglieri o chi per loro si nominasse, e quando i sei consiglieri del Consiglio minore fossero d’ accordo colla maggior parte del gran Consiglio, perch’ egli avesse a rinunziare, si avrebbe a farlo senza opposizione. Avrebbe cura che le opportune elezioni dei magistrati venissero fatte e ne riceverebbe i giuramenti. Adoprerebbesi a mantenere il buon accordo tra il Consiglio minore ed il maggiore, e provederebbe alla conservazione del palazzo ; farebbe fare tre trombe d’ argento ed un panno d’ oro alla chiesa di s. Marco ; si accorderebbe coi consiglieri a far venire per mare due e fino a tre mila moggia di frumento a spese di Venezia ; avrebbe venti servi compresi i cuochi ; conserverebbe e farebbe da persona sicura applicare all’ uopo il sigillo ducale ; avrebbe stretta custodia delle carceri ; darebbe udienza tutt’ i venerdì, e senza favore di alcuno ; i casi dubbii della Promissione sarebbero risolti dal minore e maggiore Consiglio ecc. Tali furono i diritti e gli obblighi con cui Jacopo Tie-polo assunse il dogado e già scorgiamo quanto il potere del doge fosse stato ristretto da quel grado tanto ampio di autorità di cui godeva ai primi tempi. Quasi ad ogni elezione di doge venne poi maggiormente limitato sino a ridurlo poco più che un semplice titolo, e il doge divenne nuli’ altro che il presidente e rappresentante della Repubblica entro gli stretti limiti di una carta costituzionale.