152 Conquiste all'ignoto lusingati dal promettente inizio dei lavori, che bisognava rassegnarsi ad attendere il futuro sgelo per veder la nave galleggiare. All’inizio della gran notte polare si ridussero nel capannone come in una tana e cominciarono una vita da talpe. Badavano ai cani, registravano le osservazioni scientifiche, poi si riunivano a leggere e chiacchierare nel tepore dell’ambiente chiuso e si ristoravano con minestre calde. « La nostra animalità vi trova il compenso della giornata ed è soddisfatta ». « Ma lo spirito si intorpidisce sempre più e una indifferenza strana per tutto ciò che non è materiale e presente invade gli animi di tutti... si parla di ciò che si è fatto al mattino, a stento di ciò che si farà domani. Che sia il torpore invernale che ci prende? Il mio spirito ne è ben difeso dal mio amore: la mia materia la difendo io per quanto posso ». Durante i riposi gli accadeva di evadere coi sogni; allora il risveglio nella greve capanna fumosa era durissimo. Reagiva pensando che, se la forza dei ghiacci aveva abbattuta la nave, la forza più grande del suo amore l’avrebbe liberata per il ritorno; ma c’era di mezzo l’incognita della marcia al nord con le slitte. A poco a poco anche gli smorti crepuscoli svanirono, un ultimo barlume scarlatto dileguò all’orizzonte e la tormenta imperversò col suo sferzante pulviscolo di neve; la temperatura si irrigidì cristallizzando l’aria. Sotto le turbinose ondate di neve che seppellirono il capannone parve sopravvivere soltanto il lavorio interiore delle fantasie. In quella natura sopita, malgrado la comunione di vita, ciascuno si senti stranamente isolato dai compagni. Un invincibile pudore impediva a Cagni di raccogliersi sul suo diario finché tutti non fossero addormentati. Solo nel gran silenzio poteva iniziare il dialogo quotidiano con l’amata, alla luce rossastra del lume a petrolio che fumava oscillando. In quella pace sovrana, rotta soltanto dai respiri ora lievi ora ronfanti e quasi animaleschi dei compagni abbandonati nei sacchi a pelo, si confidava. Ma talvolta doveva interrompersi se la luce infastidiva qualche dormiente che, svegliato di soprassalto, lo fissava trasognato come in muta attesa che si decidesse a spegnere.