352 PRINCIPIO DELLA GUERRA diceva il Senato, di respingere la violenza con la violenza; stimava, anzi che non si potesse non ammirare la sua lunga pazienza, la sua incredibile tolleranza. Di fatti per due anni la Repubblica aveva cercato una soluzione decisiva, forte, ma pacifica. Come grande potenza, nel momento che tanti avversari le puntavano gli occhi addosso con tristi speranze, non poteva tollerare più oltre le provocazioni e le ingiurie dei piccoli Triestini. Aveva già troppo sopportato. Se non avesse reagito, se non avesse mostrato di saper imporre la sua volontà e il rispetto di sè, ne avrebbe avuto scapito immenso il suo credito e il suo prestigio. Ora i Triestini avrebbero sentito il morso del Leone e sarebbe loro colpa. Anche se si tien conto della disperazione in cui li avrà gettati la crisi dei commerci e l’impossibilità di rimediarvi, rimane tuttavia chiara la responsabilità degli uomini che con tanta leggerezza, con tanta passione, diremmo quasi con tanta protervia, attirarono sulla città la iattura d’un conflitto così ineguale. Nel febbraio del 1463 il Doge Cristoforo Moro ordinò a Santo Gavardo, capodistriano, di portare le sue truppe sui Carsi, a Nigri-gnano (Schwarzeneg), a Corgnale e in altre terre dei conti di Gorizia sopra la strada maestra che conduceva dalla Carniola a Trieste; questa strada doveva essere chiusa, secondo un altro ordine del marzo, con una bastita: si doveva costruire a spese degli Istriani, perché si lottava nel loro interesse. I Triestini mandarono contro il Gavardo Cristoforo de’ Cancellieri con duecento uomini. Onesti malmenarono e sconfìssero un reparto veneziano nella valle di Zaule, ma non poterono impedire l’azione di guerra incominciata contro di loro col blocco terrestre. Si poneva, ancora da lontano, l’assedio, che poi si sarebbe fatto più serrato. I Triestini compresero finalmente che avevano commesso una follia. Alla fine di giugno chiesero un salvacondotto per due oratori, che desideravano mandare a Venezia: cercavano di venire ad un accomodamento. Il Senato veneziano accordò i passaporti, ma continuò i preparativi per l’assedio. Gli oratori triestini andarono a Venezia i primi di agosto per la seconda volta. Presentarono, dopo lunghe discussioni, i capitoli e le condizioni per un accordo: ma il Senato veneziano li respinse, scrivendo al Gavardo e a un altro generale già inviato contro Trieste, il conte Angelo, di non aver più nessuna tolleranza coi