276 L’AZIONE DEL CONTE DI DUINO era la situazione della città. Quelli che ormai tenevano il potere lavorarono tutto il settembre a riparare e a rinforzare il castello di San Giusto e quello alla marina, che ancora esisteva: nell'uno e nell’altro vi erano soldatesche del conte di Duino. Si preparavano alloggi verosimilmente per altri soldati. Si lavorava anche nelle carceri. Infine, il 21 di settembre arrivò per mare il conte Ugo. Si deve conchiudere che allora quella fazione, che agiva fondandosi sui soldati tedeschi del Duinate e del Weixenstein, forte appunto di quest’aiuto e dell’intervento del conte, dopo quasi due mesi di lotte molto gravi, sia riuscita a stroncare l’opposizione e la volontà della maggioranza e a imporsi. Si arrivò così alla legazione e alle sti-pulazioni di Graz. Si può aggiungere che questo non sia avvenuto senza molto spargimento di sangue. Il Jenner, assicura che nell’anno 1382 vi furono 322 morti: sono almeno cento più della normalità, quando si consideri che in momenti di maggior popolazione la città ne ebbe molti di meno (per es.: 250 nel 1436 o 222 nel 1444). Ma il Jenner aggiunge constargli di altri 350 morti stati nel 1382, che « sono in tutto 672 trapassati ». Se queste cifre sono esatte, esse attestano d’una vera strage compiuta in quell’anno, non essendovi stata epidemia. Un altro fatto non può esimersi da particolare attenzione: ed è che a Graz sieno andati due cittadini di poco conto come il Pica e l’Antonio di Domenico, nuovi sulla scena pubblica triestina. Mancano nella legazione i bei nomi rappresentativi che si trovano di solito: i due oscuri che vi si vedono rappresentano, forse, la fazione vincente. Con questi andò dal duca Adelmo de Petazzi, allora giudice: il suo nome, forse, era necessario perché, presentandosi nel nuovo documento, sembrasse abrogare la firma che il Petazzi stesso aveva apposta al trattato di Torino. Nel documento della cancelleria ducale che contiene gli accordi di Graz si legge un’espressione che ci sembra significare attraverso quali fasi si arrivasse a soggiogare la città. In esso non ci sono le frasi sponte ■et unanimitcr o quelle di pari senso, così frequenti negli atti di dedizione: è invece ricordata la virtù di una « placida obbedienza », che il duca dichiarava considerare « beneficio grazioso » largitogli dai cittadini. La placida oboedientia esprime abbastanza chiaramente, quando