IACOPO BURLO 251 cesso, egualmente ai Triestini e ai Capodistriani, dopo un felice esperimento, che gli stranieri che portassero nelle due città frumento, biade o farina o vettovaglie potessero esportare olio, vino e sale. Ciò favoriva il commercio coi Carniolici. Nel 1376 la Repubblica era in guerra col duca d’Austria, che aveva dalle sue il conte di Duino. I nemici suoi erano dunque ancora ai confini del territorio triestino. Ma essa era sicura della città: tanto che proprio in quell’anno ridusse notevolmente le forze militari che vi teneva. Il sentimento della maggioranza dei Triestini fu manifestato allora dall’eroismo di Iacopo Burlo, il quale, combattendo valorosamente per San Marco contro gli Austriaci alle porte di Feltre, fu mortalmente ferito. La sua perdita addolorò profondamente il governatore generale delle armi, che aveva caro il coraggioso e devoto ufficiale. A sua istanza, la Signoria, per premiare la memoria del suo fedele, pose alla Camera degli Imprestiti una somma che si andasse moltiplicando sino a che una figlia del Burlo fosse da marito: premorendo questa, la somma andrebbe all’erede postumo, perché la moglie era rimasta incinta. Fu data una somma anche a Boldo, padre del Burlo, con la quale pagasse alcuni debiti di Iacopo. Per merito del costui sacrificio potè ritornare a Trieste dal confino anche lo zio Omobono Burlo. Altri esiliati, erano già ritornati. Nel luglio del 1377, C01‘ Farina e Ettore di Canziano, Francesco Corvo, Domenico De Leo, Natale de Giudici, prè Iacopo, Bertolino Botez e un Quagliettino di Paolo, che era stato al servizio del Peloso, ebbero concessione di ritornare a Trieste gli ultimi rimasti in bando. E si dicevano allora fideles et multum obedientcs. In quel torno, mentre si curava, con provvisione a Taddeo Giustinian e a Vettor Pisani, l’armamento del castello a marina, si riducevano ancora le truppe della guarnigione. Questo avveniva, mentre era già in pieno tumulto la guerra con Genova e si affilavano le armi per la più terribile guerra che Venezia combattesse e soffrisse nel Trecento, quella da. cui arrischiò d’essere sommersa, e che le mossero coi Genovesi il Patriarca Marquardo, il Signore di Padova, il Re d’Ungheria e il duca d’Austria. Questa guerra, detta di Chioggia, s’iniziò nel 1378. Essa, sebbene accendesse le speranze della fazione antiveneziana e patriarchesca, non scrollò la fedeltà dei Triestini. Anzi, come si può