48 FORTUNATO E CARLO MAGNO devozione all’imperatore Carlo. Si recarono con loro anche i messi dei Dalmati e prestarono eguale omaggio. L’Adriatico era passato nelle mani dei Carolingi ed era annesso al Regno italico da loro fondato. La legge della divisione dell’impero (6 febbraio 806) assegnava a Pipino, Re d’Italia, la Venezia, l’Istria e la Dalmazia. Fortunato era già ritornato nell’805 alla sua sede, vittorioso e vero rappresentante dellTmperatore in tutte le venete terre dell’Adriatico. Ma la sua vittoria fu breve. L’Impero orientale venne alla riscossa. Ripresala Dalmazia, penetrò nella Laguna e impose ai Veneti, nell’807, il ripristino della sua signoria. Fortunato dovette fuggire fuori del ducato veneto e riparò in Istria, mentre i Greci mettevano nella sua cattedra un loro accòlito. Carlo Magno aveva in altissima stima il Patriarca, tanto che volle averlo quale padre spirituale {pater spiri-tualis), il che è da intendere quale confessore e quale consigliere particolare. Non lo abbandonò. Volle che il Pontefice provvedesse alla sua dignità, in guisa che avesse un’alta carica ecclesiastica e ne traesse redditi sufficienti alla sua vita. Egli stesso vi aveva provveduto, conferendo a Fortunato la sede abbaziale del monastero di Moyenmoutier in Francia. Il Pontefice, quantunque fosse restio e rimproverasse a Fortunato troppo amore delle cose terrene e a Carlo di lavorare troppo prò illius honore temporali e di accogliere troppo favorevolmente le lodi del Patriarca, cantate da gente che accusava essere da lui corrotta, tuttavia obbedì e assegnò a Fortunato, a titolo provvisorio, il vescovato di Pola, rimasto vacante per la morte di Teodoro. Se Fortunato abbia consigliato a Carlo di trasferire in Pola la sede patriarcale di Grado è incerto. È molto probabile invece che da Pola, considerata forse capitale dell'Istria, egli esercitasse la sua sovranità canonica sui vescovi provinciali, fedeli a lui e ai Franchi. E non è forse lontano dal vero che egli nella mente travagliata da tante ambizioni e da tanta inimicizia verso gli usurpatori della sua cattedra, meditasse creare in Istria un principato ecclesiastico, atto a stroncare la potenza di quello gradense. Ma più ardentemente lavorò per la rivincita dei Carolingi e per il suo ritorno alla sua cattedra. Quanta parte egli abbia avuto in quella rivincita s’intuisce, tenendo presente la grande influenza, quasi dirertio il fascino, che egli, pater spiritualis, esercitava con l’ingegno mirabile e con la