112 DIRITTO PUBBLICO dire che quell’interferenza di tradizioni romane con influssi stranieri, che si vede nei musaici di San Giusto, appare anche in un documento del ix secolo, nel citato testamento di Maru, ancella di Dio: anno 847. È il solo documento di diritto privato di quel tempo. L’illustrazione che ne ha fatto l’inchiostri mostrerebbe che esso rispecchia quella mistura di elementi romani e franchi, che regoleranno poi le successioni nella legislazione statutaria italiana. Il Leicht, invece, sostiene che nei documenti triestini dell’alto medioevo appare una prevalenza assoluta del diritto romano e a mala pena si può distinguere qualche traccia d’un influsso esercitato dalle contigue regioni longobardiche. Un documento del 1080, contenente una donazione del vescovo ai coniugi Mercurio e Teuperga, accennando a precedente disposizione comune di denari comuni fatta dai due coniugi e contenendo una donazione fatta a tutt’e due, costituirebbe una prima apparizione dell’istituto della comunione dei beni come regime patrimoniale legale. Il testamento di Maru ci congiunge diretta-mente alle tradizioni romane per il lato formale ed è redatto da un tabellio, diverso, quanto alle origini, dal notarius longobardico e mantenuto come istituzione romana locale, agente senza bisogno della sanzione regia. La donna che fece rogare il testamento si chiamava Maru, antica forma per Maria: era una anelila Dei, cioè, a quanto sembra, donna vedova che aveva consacrata la sua vita a Dio. Anche il notarius civitatis, che compare in posteriori documenti triestini e che sarebbe testimonio indiretto dell’esistenza d’una curia, rappresenta secondo il Leicht una diretta derivazione romana e proviene. dallo scriba civitatis dei bassi tempi. Il ristauro del 1863 permise di constatare nel catino dell’abside del Sacramento a San Giusto, sopra gli Apostoli, due diverse tecniche nel musaico ivi apposto: il che vuol dire due diverse origini per le parti così differenziate. Nella conca absidale (fig. 33-34) è rappresentata la Madonna assisa su largo trono, la quale mostra il Bambino: a destra è l’arcangelo Gabriele, a. sinistra l’arcangelo Michele. Una larga fascia chiude il gruppo centrale: in essa, nella chiave dell’arco, è la mano divina che tiene una corona; ai lati sono tre riquadri appesi a un disco in una specie di bifora e contenenti ciascuno un busto d’angelo; ai lati dei riquadri sono lunghi bastoni terminati in fiori e ai lati dei predetti dischi, dentro cui sta un calice, si librano due colombe bianche. Il fondo della fascia, come di tutta la conca, è d’un oro cupo, gemmante,