360 LA VITTORIA DEL PARTITO VENETO febbraio volle riacquistare la grazia dei cittadini, ma non seppe mandare nulla più che un diploma: con esso lodava la città per la fedeltà mostrata nella guerra e in premio le concedeva il diritto di portare un nuovo stemma, che avesse di sopra, nei colori della città, l’aquila del Sacro Romano Impero, e di sotto, nei colori della Casa d’Austria, la « lancia tricipite » e fosse sormontato di corona d’oro. È notevole, che nel diploma Federico non si dicesse « signore di Trieste », benché chiamasse suoi fidclissimi i Triestini: dunque, la sua sovranità non era punto in forma di possesso, come ad esempio su Pordenone. Più notevole è che il diploma, sotto forma di premio, manifestava un’idea precisa: quella di voler prendere l’effettivo e pieno dominio della città, onde la « alabarda » posta nei colori austriaci e sottomessa all’aquila imperiale. Federico guiderdonò altresì alcuni che più si erano distinti nella difesa della città: tra essi anche un Abruzzese, Gian Battista Pizzoli di Chieti, dottore in leggi e soldato. Ma i premi ebbero poco effetto. Il Comune non se ne curò e nemmeno fece uso del nuovo stemma, ben intendendo i cittadini che esso preannunziava la fine del libero reggimento. I premi dati a singole persone erano disprezzati. L’autorità imperiale rimaneva intanto assente e la città, senza protezione, doveva subire, nel luglio del 1464, il guasto che i Veneziani, per rappresaglia di qualche lesione del trattato di pace, davano alle saline di Zaule. Ciò non ostante, il partito antimperiale, che guardava a Venezia, cresceva molto rapidamente di forza. Nell’agosto 1464 erano eletti tra i « signori corettori della magnifica comunità » Pietro Paduino e Odorico de’ Giuliani, appartenenti a quel partito. Nel primo reggimento del 1465 esso era al potere con Cristoforo de Bonomo e Andrea de Pace; nel settembre tutti e tre i giudici erano suoi. Così pure tutti i nove dei tre reggimenti del 1466. Lo stesso anno il partito antimperiale chiamava alla carica di cancelliere del Comune Raffaello Zoven-zoni, di cui conosciamo l’amore per la Signoria di San Marco. Non mancarono episodi di sangue. Nel 1464 uno dei Bonomo aveva ferito un nipote del vescovo Goppo. Nel febbraio del 1466 fu assassinato uno de’ Giuliani. L’anno 1467 una orribile pestilenza gittò nella città e la morìa disertò le case e i campi: si dice perisse un quinto degli abitanti. Ma