VI ULTIMA THULE Bisogna proprio soffrire per godere » esclamò rientrando nel tepido rifugio. Il ritorno fu provvidenziale perché nelFintervallo il tempo rimase pessimo: se la pattuglia avesse insistito nel primo tentativo, l’impresa sarebbe rimasta certo compromessa. L’ultima domenica di febbraio, dopo la preghiera « il Duca ha elogiata la gente per la loro condotta nei tre giorni di spedizione. Se lo meritavano davvero tutti, proprio tutti ». Nessuno si era mai lamentato e specialmente gli Italiani, benché meno allenati dei Norvegesi, avevano data una magnifica prova di rendimento e di resistenza. Durante la sosta che durò fino al io marzo Cagni fece modificare i carichi delle slitte e la composizione dei gruppi che avrebbero dovuto successivamente tornare dal nord alla baia al comando di Cavalli e di Querini, ed accolse la insistente domanda del primo macchinista Stòkken che voleva partecipare all’onore delPimpresa. Qualche avventura li distrasse negli ultimi giorni: a Cagni capitò di trovarsi solo di fronte a un orso e di sparargli a cinque o sei passi col fucile che fece cilecca essendo in posizione di sicurezza; per fortuna il bestione invece di buttarglisi addosso fuggì spaventato dai cani finché fu abbattuto. Il giorno dopo mentre Savoie se ne stava presso il cadavere dell’orso in attesa di una sfitta per trasportarlo, fu scosso da un clamoroso grugnito: un grosso tricheco aveva'sporto il muso di sotto il ghiaccio, a un passo dalla guida. I cani eccitatissimi dall’apparizione del mostro lo inseguirono invano perché il tricheco fuggì sotto i lastroni. L’ultima partenza avvenne da Capo Saulen dove il pack aderiva alla costa. Il Duca accompagnò per un tratto la carovana diretta a nord-ovest e l’addio fu commosso per- ii.