228 Colpi di testa Fu nominato comandante della “Napoli”, una corazzata del tipo “Vittorio Emanuele” costruita su progetto dell’inge-gnere navale Cuniberti e allora in allestimento a Genova presso le officine del molo Giano. La bella unità aveva un dislocamento di 12.800 tonnellate, 20.000 cavalli di potenza e 21 nodi di velocità prevista. Cagni assunse il nuovo comando col proposito di fare della sua nave un poderoso strumento di guerra, deciso a curarne personalmente le strutture come un governante si occupa del territorio di sua giurisdizione. E non esitò per questo a violentare radicati criteri, metodi e consuetudini già ritenute indiscutibili, incontrando resistenze acute ma insufficienti a fiaccare la sua volontà impegnata a fondo. Inizialmente, per vero, molte modifiche alla nave furono compiute per applicare disposizioni precise del Ministero il quale intendeva compiere un esperimento da valere o meno quale traccia nella costruzione della “Roma”, nave della stessa classe che si voleva più perfetta delle precedenti. Il criterio dominante era quello di tentare la massima riduzione delle superstrutture per diminuire la visibilità a distanza e quindi il bersaglio offerto ai colpi nemici. Si volevano anche tentare nuove sistemazioni delle artiglierie antisiluranti e nella direzione di tiro, ed impiantare dei complessi elettrogeni Diesel per il servizio di porto. Tutte queste trasformazioni miranti al perfezionamento della nostra tecnica navale con criteri d’avanguardia eccitarono l’ambizioso comandante a spingersi oltre la lettera delle disposizioni ministeriali, a creare una serie di fatti compiuti di cui assumeva senz’altro la responsabilità pur di evitare ogni lentezza e prevenire opposizioni, specie quelle burocratiche che non poteva sopportare. Si mise dunque all’opera: smontò e sbarcò in un sol giorno la tuga centrale destinata per alloggio dell’ammiraglio — e a ciò era autorizzato — poi scaricò l’albero militare prodiero. Passando oltre, ridusse di alcuni metri l’altezza veramente eccessiva dei fumaioli con enorme stupore dei tecnici e subita opposizione del personale di macchina interessato. Per naturale amor proprio i tecnici non potevano ammettere un intervento cosi radicale in materia