FAUTORI DI SAN MARCO A TRIESTE 357 tobre, egli scrisse all’umanista friulano Guarnerio una lettera colma d’angoscia. Poiché quegli gli aveva chiesto s’era contrario al dominio veneziano su Trieste, egli diceva: « Non desidero che Trieste sia tenuta in signoria dai Veneziani? Ma anzi, con queste mie stesse mani vorrei piantare il vessillo di San Marco nel mezzo della piazza!» E, rispondendo a un’obiezione, come se qualcuno lo ritenesse nemico della libertà della, patria, soggiungeva queste auree parole di verità: « Nemici sono quelli che con la loro ostinazione portano la patria alla rovina e, mentre con più pertinacia propugnano la libertà, cadono nella più pesante servitù. Invero libertà è dove si vive con giustizia ». Dallo svolgimento di questa triste e sproporzionata guerra, i Triestini, che avevano osato riporre nel taglio della spada l’esistenza della città, non ebbero nessun vantaggio: dovettero chinar le corna e baciar basso dinanzi alla Dominante, sottoscrivendo genuflessi l’atto che toglieva a loro una parte del territorio e annichiliva la loro politica commerciale. Patti cercati a tempo, con un concor-dio per viam quietis, come voleva la Repubblica, sarebbero stati certamente più utili. Tutti gli atti di questa guerra mostrano quanta fosse allora l’indipendenza del Comune di Trieste dall’Austria e dallTmpero e 87: colonna della vicedomi-quanto estesi fossero gli effetti del concordato nana’ clrca 1420 ” al LaPldari° del 1461. L’Henderbach avvertì bensì i Veneziani che i Triestini erano subditi domini Imperatoris. Ma di ciò ben poco o punto ci si accorse durante l’assedio e durante le trattative di Venezia. I procuratori del Comune poterono firmare la pace, non solo, ma anche rinunciare a una parte del territorio triestino e cederla a Venezia, senza nessuna riserva, senza alcuna allusione a ostacoli di diritto imperiale. La città potè entrare in guerra di suo impulso; rimase chiusa, soffrì, fu presso a perire, dovette pregare perdono e sottoscrivere un trattato umiliante. Essa fu sempre lasciata sola: l’autorità imperiale rimase costantemente assente.