170 Conquiste all* ignoto Ma il 28 aprile, quasi segnale della sfortuna, furono perdute le tracce primitive. Il 2 maggio, durante una bufera, siccome il dolore al dito tumefatto e gonfio come un polso si era fatto troppo acuto, Cagni decise di inciderselo per togliere la carne morta e dare sfogo al marcio dell’infezione che minacciava di estendersi. Sotto la tenda, con un bisturi e le forbici comuni, stringendo i denti arrivò fino a recidersi una parte d’osso, sopportando tale strazio da far fuggire inorridito l’impassibile Canepa; le guide restarono ad assisterlo. Lavorò con la sinistra per due ore di spasimi orrendi; poi si fece fasciare, si asciugò il sudore gelato; infine riposò. Penso la mano tua che dolorava cominciando a morire, il ferro atroce, l’anima indenne su la carne schiava; la volontà spietata e senza voce che ti facea lo sguardo come il taglio della piccozza... Il 5 maggio attraversarono una zona cosparsa di blocchi isolati dalle strane forme architettoniche che li facevano somigliare, agli occhi di Cagni, ai monumenti funebri del cimitero di Staglieno. Nella immaginazione di quegli uomini pur esenti da vizio di gola cominciarono a turbinare fantastiche visioni di pasti succulenti, di grandi tazze di caffelatte, di leccornie e specialità improvvisamente desiderate, reclamate dai loro poveri organismi ormai smunti delle sostanze più vitali. E la lunghezza del cammino ancora da percorrere nell’esaurimento fisico fra rinnovate intemperie parve loro infinita. Un giorno, colto da spaventoso presentimento, Cagni calcolò la posizione del gruppo e constatò di trovarsi sessanta miglia ad occidente del meridiano della terra del Principe Rodolfo, certo causa una deriva del pack che, per di più, cominciava a sciogliersi nella temperatura sempre più mite. Si contenne e regolò la marcia verso levante. Il 12 maggio videro due foche e alcuni uccelli, segno che la terra non era lontana, ma stava all’oriente ed essi,