88 CLASSIFICAZIONE DEI CAPITELLI sono i pulvini a cono di piramide rovesciata. Pulvini molto alti sono altresì sulle colonne della parte inferiore di San Donato a Zara: queste sono congiunte però da archi più stretti. Nel loggiato superiore, invece, i pulvini sono bassi, ma l’arco è parente prossimo di quello di San Giusto. Il quale trova modelli pienamente rispondenti nella basilica istriana di san Lorenzo del Pasenàtico, che già il Jackson attribuiva al tempo tra l’vin e il ix secolo: anche i pulvini usati in questa basilica istriana sono di tipo identico a quelli di Trieste, sebbene sieno più esatti di lavoro e muniti di una leggera lista. Parenti più lontani dei nostri archi, coi quali hanno tuttavia viva somiglianza, sono quelli del portico esterno di Santa Fosca a Torcello (circa 865), dove i pulvini sono già schiacciati. Anche nella chiesa di san Giusto a Gallesano (presso Pola), spettante aH’viii o al ix secolo, gli archi sono molto simili ai triestini: poggiano senza pulvini su pilastri ad angoli smussati, i quali hanno modanature sul tipo del già citato pilastro della cattedrale triestina. La classificazione dei capitelli riesce più difficile, giacché essi non hanno riscontro in alcuna opera identica. Il modello più frequente (fig. 16) è rappresentato da tutti i capitelli della navata sinistra e da uno della navata di san Giusto, cioè da quello della seconda colonna di destra, che sostiene la cupola (quest’è, veramente, una copia esatta dell’originale, trasportato nel 1903 al Lapidario). Il suo pul-vino, diverso dagli altri, è formato da un grosso frammento di trabeazione romana. I quindici capitelli non sono lavorati a uno stesso modo. Ve ne sono di più larghi e di più sottili; gli uni più svasati e più svelti, gli altri più rigidi e più tozzi: tutti hanno invece eguali il disegno e la tecnica. Sono formati da due ordini d’acanto: le otto foglie dell’ordine inferiore sono unite l’una all’altra da una palmetta; le altre sporgono negli spigoli e nel mezzo della faccia, nei punti cioè dove s’incontrano i caulicoli sovrapposti all’acanto. Questi capitelli imitano il corinzio romano e sono relativamente ricchi di movimento e di chiaroscuro. Le foglie a contorno poco frastagliato, per quanto non più lavorate a giorno, sono ancora larghe, nervose, bene portate, assai molli nella sommità piegata verso l’esterno e disegnate con intendimento della loro funzione decorativa. Il Rivoira ha attribuito questi capitelli al x secolo. Ma è un errore, poiché non esiste monumento di quel tempo che abbia capitelli simili ai triestini,