332 LE FAZIONI ATTORNO ALLA BALÌA suscitasse nella città la grave condanna ecclesiastica, che fu predicata in tutti i luoghi vicini, mettendo i Triestini in una cupa e angosciosa situazione morale. La Balìa procedette senza remissione: Antonio de Vedano, già stato del collegio, Boncino de Belli e Giusto de Petazzi, avversari della sua politica, furono mandati in bando. Nicolò de Petazzi messo in carcere. Resistette la città per alcuni mesi senza speranza di rompere la cintura d’odio, di divieti, di ripulse che la circondava. Ma fu piegata. L’Aldegardi rinunziò alla protezione offerta dal duca e all’elezione. Lo stesso Aldegardi e una commissione di cittadini visitarono, nell’ottobre, il Cernotti in Arbe, invitandolo a prendere possesso della sua cattedra e, quando questi ebbe perdonato, il canonico Michele Ottone fu inviato a Roma a chiedere che l’interdetto fosse levato. Papa Martino, il i. dicembre, accolse la preghiera. Le varie pratiche continuarono ancora e costarono tanti danari al capitolo, che dovette fare un prestito dall’ebreo Salomone. Infine, nell’aprile del 1426, il Cernotti, venuto nel frattempo a Umago, ricevette quivi, sulla soglia della chiesa, il canonico don Bartolomeo de Favali e i cittadini Argentino dell’Ar-. gento e Pietro de Bonomo, procuratori del capitolo e della comunità; quindi, premesse le pratiche volute dai riti e ottenuta l’obbedienza, assolse nelle loro persone il popolo e il clero dalla scomunica, entrò con loro nella chiesa e levò l’interdetto mediante sacra funzione. Ma da questa agitazione si passò a un’altra, fomentata acremente dalle lotte, che menavano gli uni contro gli altri i partiti, i gruppi, le fàmiglie dei nobili. La città tendeva sempre più vivamente all’aumento della sua autonomia, sempre considerandosi piccolo Stato a sè. La sentenza contro i due popolani fautori di Venezia non li aveva considerati traditori del duca d’Austria, ma unicamente della città e del Comune. Nell’atto di nomina dei procuratori della comunità per l’assoluzione dell’interdetto, la comunità si dichiarava rappresentata unicamente dai tre giudici rettori e dal collegio dei gentiluomini della Balìa. Il capitano, dunque, non partecipava alla rappresentazione della città di fronte a altri: suoi interpreti erano tuttavia le sole autorità cittadine, che esercitavano il pieno reggimento. È naturale pertanto che attorno al potere, per conquistare o per tenere il dominio interno della città, fervessero le più gagliarde lotte. Le quali poi si concentravano sopratutto contro il collegio della Balìa, giacché questa da alcuni era