37° LA CITTÀ SI OFFRE A SAN MARCO sola, non le rimaneva che attendere un destino di morte. Ormai questo era evidente. Ma la scelta non ammetteva che due termini: o l’imperatore o Venezia. Rivolgersi allTmperatore era inutile, poi che una conciliazione era impossibile: non si sarebbe ottenuta, se non a prezzo di quell’abdi-cazipne, contro cui s’era fatta la rivoluzione e a prezzo di chissà quali altre umiliazioni. Rivolgersi a Venezia era o pareva altrettanto inutile : la Repubblica non sentiva da quell’orecchio. Ma i cittadini non potevano attendere fatalisticamente l’ora della morte. Non bastava che i migliori si preparassero a cadere combattendo: bisognava salvare la città. Nicolò Belli, nel giugno del 1469, era andato a cercar soccorsi di uomini e di danaro in Friuli. Il 25 luglio era di ritorno, sembra, a mani vuote. Non rimaneva che una speranza: fare un disperato tentativo per persuadere Venezia a accogliere i Triestini nel suo dominio o ad aiutarli. Nel luglio 1469 Cristoforo de Bonomo, ch’era il più caldo fautore dell’idea veneziana, propose al Consiglio maggiore di nominare una commissione di dodici cittadini, dei migliori, i quali dovessero recarsi a Venezia e presentare al Senato le chiavi della città, invitandolo a prenderla in signoria. La proposta fu approvata dal Consiglio. Gli ultimi giorni di luglio gli oratori triestini erano a Venezia con gran balìa a poter negoziare l’assoggettamento della città o qualunque altro trattato. Il 1. agosto Cristoforo Bonomo potè presentarsi al Senato. Egli offrì, a nome del libero comune triestino, la signoria della città al dominio veneziano : accogliessero l’offerta e accettassero la città a quelle condizioni e a quei patti che aveva avuto con gli altri dominii. Se l’offerta al Senato non piacesse, imponesse egli altre condizioni, quali fossero a lui più gradite: la città lasciava questo all’arbitrio e alla disposizione del Senato; approverebbe tutto, purché il Senato volesse ammetterla sotto l’ombra del vessillo di San Marco, come essa bramava e chiedeva. Ma non l’abbandonasse, se non voleva accettare la sua dedizione; considerasse il sentimento e l’angoscia con cui i Triestini imploravano soccorso contro i loro nemici e il destino che li minacciava. E se, per la ragione suprema dello Stato o per altre cause,