CONFLITTI E TRATTATIVE CON VENEZIA 349 essa perseverare, sola essendo capace di salvare il porto dalla rovinosa concorrenza di quegli istriani, promettevano il soccorso o l’intervento dellTmperatore. Le barche istriane non potevano tenere il blocco da Duino a Pirano senza che qualche nave triestina non riuscisse a romperlo. Nel gennaio del 1462 il Doge si lamentava di questo e ingiungeva di chiudere Trieste con la massima vigilanza. I Triestini, per rappresaglia, rompevano strade e impedivano ai mercanti oltramontani di arrivare nelle città istriane. La lotta si inaspriva ogni giorno più. I Triestini, alla chiusura delle carraie carsiche, aggiungevano le ingiurie contro Venezia. Ma questa tuttavia non voleva ricorrere alla violenza. Sperava di costringere i Triestini agli accordi col solo blocco. Deliberava però il Senato che nell'affare di Trieste si provvedesse « con quei decenti modi che convenivano all’onore, alla dignità e all’onestà dello Stato ». Poiché gli Istriani non erano più in grado di sostenere le spese del blocco, provvedeva il governo veneziano con navi armate nel suo arsenale. Intanto inviava oratori allTmpera-tore, affinché imponesse ai Triestini di smettere le loro « insolenze ». Nutriva anche un altro piano: quello di farsi cedere Trieste da Federico. Sarebbe stato il modo più sicuro e più tranquillo per risolvere ogni quistione. Lodovico Foscarini fu incaricato di tastare il terreno alla Corte imperiale. Nel novembre o dicembre del 1462 egli scriveva di nutrire buone speranze. Una persona, « che tutto poteva presso l’imperatore », gli aveva fatto sapere che Federico « sarebbe stato contento di dare a Venezia la città di Trieste » e che si sarebbe potuto averla per danaro. Il Senato metteva a disposizione del Foscarini una grande somma e lo incitava a continuare le sue pratiche. Ma queste non condussero a nulla, come, le ambasciate di protesta: Federico lasciava ogni licenza ai Triestini. La Repubblica tentò ancora di risolvere le differenze per le vie pacifiche (per viam quietis): ma i Triestini, quando credevano Venezia disposta a transigere, alzavano il tono della loro intransigenza, sperando che essa mollasse ancora per evitare un’azione a fondo, pericolosa ad essa, mentre i Turchi poderosamente l’incalzavano in Grecia e nel Levante. Nel luglio avevano chiesto di mandare oratori a Venezia. Non sappiamo se andassero. Si tentò più tardi un accomodamento. La Repubblica chiese la cessione di Castel-nuovo, dichiarandola petra scandali: ma i Triestini la rifiutarono netta-