34 L’IMPERO DI BISANZIO Mulla e molti altri. La Cronaca altinate ricorda tra i tribuni di lesolo i Tyeri da Trieste, magni bellatores, grandi guerrieri. Le più antiche cronache venete narrano che un prete Geminiano, de Trigestina urbe, rifugiato a Grado, o per cenno divino o per ordine del Patriarca Paolino d’Aquileia, ritornò in Trieste distrutta e, cercatili inter muros ecclesie et muros destructe civitatis, salvò i corpi di quarantadue martiri, portandoli a Grado, dove furono sepolti nella chiesa di san Vitale. Una riscossa delle truppe greche o degli Istriani stessi oppure l’intervento della flotta impedirono ai Longobardi di tenere la regione di qua dall’Isonzo e dal Vipacco. I profughi triestini ritornarono presto dai vari esilii nella rumata città e le ridiedero la vita. Come risulta da un’iscrizione, ov’è nominato l’imperatore Giustino, la ripresa era già avvenuta nel 571. Poi la città, liberata dagli artigli barbarici che l’avevano agguantata una seconda volta nel 590, fece parte sino al 752, come principale centro dellTstria, di quelle provincie più propriamente italiane che i Bizantini chiamavano omnis Italia. Due tormenti ebbe nei primi decenni di questa rinascita: lotte religiose e ripetute invasioni barbariche nel suo territorio. Scaturite dallo scisma dei Tre Capitoli, quelle lotte duravano da tempo. Il vescovo di Trieste era stato dalla parte dell’arcivescovo di Aquileia, poi di Grado, quando questi, appoggiato dai vescovi veneti, si era opposto e a Bisanzio e a Roma per la proclamata condanna degli scritti di Teodoreto, di Teodoro e di Iba. Nel 558 (o 560) il Papa Pelagio si scagliava specialmente contro due vescovi istriani, contro Eufrasio, che era di Parenzo, e contro un altro, nominato Massimiliano, che accusava in più di frode e di loschi affari. Qualcuno ha supposto che questi fosse vescovo di Capodistria. Crediamo con altri, considerando l’importanza datagli dal Pontefice, il quale ripetutamente ne scriveva ai rettori della provincia, che fosse di Trieste, ritenendo anche possibile che Frugifero non si trovasse più sulla cattedra triestina. Passata la bufera longobardica, attorno alla Chiesa di Grado, divenuta metropoli della Venezia e dellTstria, si svolse più accesa la lotta religiosa. Il vescovo Severo di Trieste, presente, nel 579, al sinodo costituente la nuova arcidiocesi, fu al fianco del Patriarca Elia con gli altri scismatici. E stimiamo sia egli stesso quel vescovo Severo che, morto Elia, fu nomi-