126 IMMIGRAZIONI STRANIERE SUI CARSI Una cosa grossa, come si vede, di cui purtroppo ci sfuggono i particolari più significativi. Il diploma imperiale regolava i rapporti tra il vescovato e il Patriarcato. Questa obbligazione del vescovo a un principe di potenza estensiva e di crescente ambizione era in grado di nascondere diversi pericoli per l’autonomia locale; però il diploma non riguardava la città stessa e nulla mutava nella sua costituzione. Anzi le affermazioni del secondo privilegio, che escludono una servilità della chiesa triestina verso il Patriarcato, sembrano voler accennare appunto alla conservazione del sistema vigente nel regime cittadino. Ma i Triestini non potevano guardare senza preoccupazione allo sviluppo straordinario della potenza patriarcale, che, alla fine del xi secolo, in seguito a altre concessioni avute, li avvolgeva da tutti i lati, tenendo il potere supremo su tutto il Friuli, sui Carsi, sulla Marca carniolica, vasti possessi feudali in Istria e il principato su tutti i vescovati istriani. Si formava a poco a poco un nuovo Stato, con cui avrebbero dovuto fare i conti. Intanto sentivano sempre più straniero alla città il suo retroterra immediato, non il contado, ma quello che era stato il territorio dei Carni e dei Catali e conteneva le strade carsiche necessarie ai suoi commerci.; Al seguito di Patriarchi tedeschi, di marchesi tedeschi, di baroni e castellani tedeschi, a cavaliere a tutte le vie delle Alpi e dominatori di tutte le zone subalpine, entravano Tedeschi e Slavi: questi specialmente si disseminavano sui Carsi devastati dai Magiari e vi erano importati come servi della gleba dai feudatari stranieri. Un nuovo mondo stranio, esotico, eterogeneo si era formato alle spalle della città isolata, spingendo due tentacoli nel mare, l’uno al castello di San Servolo (presso Zaule, ai limiti del contado), l’altro a quello di Duino. La città e il suo stretto e sterile contado, chiuso tra la Vena e il mare, conservavano a mala pena con due povere strade la congiunzione coi luoghi della costa istriana e col Friuli: il mare univa il porto a Venezia. Ma a ridosso, di là dall’incombente e dirotta Vena, su tutti i monti dei Carsi, una forza d’aspetto barbarico moltiplicava i suoi uomini, i suoi possessi e i suoi mezzi, presentando mille incognite che avranno oppresso la vita della città. I raptores, che depredavano i beni del suo vescovato, saranno stati anche sulle strade commerciali, data la generale e anarchica confusione del xi secolo. La stessa povertà della Chiesa, pene ad nihilum rcdacia benché avesse molti privilegi fiscali, anche quelli riservati