158 l’ordinamento del popolo Per essere cittadini o abitatori bisognava, come si diceva, far vicinia, cioè iscriversi in uno dei quartieri della città, assumendo tutti gli obblighi imposti dall’ordinamento comunale: pagare le imposte, fare le guardie alle porte e alle mura, ecc. I forestieri potevano diventare abitatori appunto facendo vicinia, gli abitatori farsi cittadini con l’acquisto di possesso fondiario. La totalità dei Triestini era divisa secondo i quartieri, ai quali soprintendevano i capiterii: loro compito era il far prestare a tutto il popolo il giuramento dell’obbedienza, il sequimen verso il podestà o verso i rettori, verso il Consiglio e verso la credenza, nonché il curare i lavori pubblici del Comune. Il popolo — più esatto, gli abitatori e una frazione dei cittadini — era diviso anche nelle arti e organizzato nelle corporazioni di mestieii, che avevano tutte un carattere di fraternitas (confraternita, detta poi fradaia) religiosa. Ne parleremo ancora. Le confraternite delle arti dovevano tenere le armi per la difesa cittadina. Esse ebbero forse, come abbiamo già detto, una parte precipua nell’istituzione del governo del Capitano del popolo. Azione politica di brevissimo tempo. Il Comune — dopo il 1262 o anche prima? — tenne i sindacati ben frenati dentro la legge e impose a ciascuno un capitolare 0 sacramento, a cui dovevano giurare rigorosa obbedienza nelle mani di due magistrati, detti procuratori degli artieri e dei lavoratori della terra. Così il Comune, pur concedendo alle masse, onde si componeva, il diritto d’associazione, ne fissava esattamente il limite, ragione per cui la formazione delle jradaie, lontana dal favorire i moti degli strati soggetti, serviva a tenere questi in solidi ranghi e a dominarli, come avveniva a Venezia.