58 MAGISTRATI MUNICIPALI novò agli Istriani il diritto di eleggere a volontà i loro vescovi, i loro rettori e tutti i loro magistrati, secondo la loro lex antiqua, riferendosi esplicitamente alle decisioni prese nel placito del Risano. Nell’820 un nuovo documento imperiale e reale riconfermò quel privilegio eccezionale. Ci è conservato un curioso documento triestino dell’847: l’atto, con cui una donna di nome Maria — Maru ancilla Dei — fece un legato all’abate di Sesto. Il documento è firmato da due tribuni, Giovanni e Giovanni di Piero, da due locisalvatores, Ioannacino de Aquelina e Martino Cabrisiano, da due vicarii (vigarii) di nome Tànculo e Stefano. C’è anche un Leone di Claudio, di cui ignoriamo l’ufficio, un prete Benedetto e il chierico Domenico, che funse da notaro. Questa veneranda società di antenati cittadini, di cui il caso ci ha conservato i bei nomi e la memoria, c’insegna che la suprema autorità era tenuta allora a Trieste da due tribuni, cariche militari (segno che non era ancora soppresso il nume-rus) e che dopo i tribuni venivano, come supreme cariche civili, i locisalvatores, i quali erano la magistratura chiamata anche iudices nel placito del Risano. Erano due e, sotto il nuovo nome, con le lievi alterazioni apportate dallTmpero romano-bizantino, perpetuavano l’antica magistratura dei due duumviri iure dicundo, supreme cariche civili della colonia romana. I vicarii erano ufficiali del civile, d’incerta funzione. Gli uni e gli altri erano membri di quell’assemblea, il cui tipo è ricordato nel placito e nella quale si continuava la romana curia, di cui sarebbe provata l’esistenza a Trieste nell’anno 571. Nessuna notizia, nessun documento fanno credere che si mutasse la situazione interna della città, né che si alterassero le sue relazioni col Regno italico e col Sacro Romano Impero. Mancano in genere notizie di quel tempo. Dobbiamo rammentare che, in seguito alla morte di Fortunato, i vescovi istriani chiesero di essere liberati a Graecorum nequissimo vinculo e che l’imperatore, non avendo più un fedele sulla Sedia di Grado, favorì quella richiesta: infatti il concilio di Mantova (827) assegnò il vescovato triestino e gli altri istriani al Patriarcato d’Aquileia. Dopo le invasioni e le incursioni più volte ricordate, i confini delle Giulie, nel secolo ix, non ebbero più alcuna minaccia: per annosità o per atrofia si disfece il numerus. Pericoli e flagelli vennero dal mare. Prima i Saraceni e poi gli Slavi, contro i quali combattè, con uno sforzo mai rallentato, il ducato delle Venezie, trovando in quelle lotte la base