LA CITTÀ SCOMUNICATA 331 Due popolari furono invece presi: Donato Scarpiòn, che fu appiccato sui merli della torre di Cucherna e Nicolò Urìz o Urizio, che fu appiccato sulla torre della Cella, all’altra vicina. Anche Domenico Scarpiòn, fratello di Donato, fu arrestato sopra indizio di tradimento: paré non si provasse una sua colpa o fosse innocente. Rimasero tuttavia nella città alquanti amici dei congiurati, anche nella classe che adiva le magistrature. Uno di questi loro fautori, nel 1427, cancellò nascostamente nel « Libro dei malefizi » la sentenza con cui erano stati condannati al bando il Rapido e gli altri, affinché non ne restasse traccia in un volume ov’erano solo i nomi degli infami. La città tirava innanzi una vita agitatissima. L’anno che furono giustiziati i due popolani, turbolenze e disordini ebbero motivo ancora una volta nella quistione del vescovato. Dopo due anni di vacanza episcopale la Santa Sede, negli ultimi giorni del 1417, aveva provveduto per la cattedra di San Giusto fra Giuseppe Arrigoni, noto per l’azione svolta contro Huss al Concilio di Basilea. La città però, sempre ferma nel volere un vescovo triestino eletto dal capitolo, lo avversò, costringendolo a fuggire a Muggia. La lotta tra il pastore e il gregge durò alcuni anni, finché la Santa Sede considerò più opportuno mandare l’Arrigoni in alcune ambascerie e poi dargli la sede di Urbino. Questo accadeva nel 1424. Appena effettuato il trasferimento, il capitolo elesse a vescovo il triestino Nicolò degli Aldegardi e chiese per lui l’appoggio all’arciduca Federico. Papa Martino nominò invece vescovo di Trieste Marino de Cernotti, dalmata, e chiese per lui l’obbedienza. La città e il clero si rifiutarono di riconoscerlo. Il Pontefice, al principio del 1425, ammonì i Triestini di accettare il pastore da lui designato: ma ciò li irritò anche più. Il nunzio papale fu ricevuto male: le lettere apostoliche stracciate e gettate in mare. La città, e per essa il capitolo, i giudici rettori e la Balìa, volevano il vescovo Nicolò e scacciarono « ignominiosamente » il Cernotti, che dovette riparare a Muggia. Allora la Santa Sede ricorse ai mezzi estremi. Nel maggio del 1425 incaricò il canonico pievano di Muggia di recarsi a Trieste e, « quando maggiore convenisse la moltitudine del popolo ai servizi divini », di scomunicare dai pulpiti il vescovo intruso, il clero, i giudici e il Consiglio maggiore e di pronunciare l’interdetto contro la città. Si può immaginare che tumulto e che passioni