LA VITTORIA ROMANA II e forse vide, solo poche ore dopo, che la terza legione, nonché elementi riscossi e recuperati della seconda, erano ripiombati sul campo, avevano sorpreso il règolo e gli Istri col ventre carico delle cibarie trovate e nel vino o nel sonno immersi e tutti cotti come monne li avevano presi e trucidati, pochi sfuggendo col règolo alla carneficina. Così la borgata, parte istriana, parte càrnica, conobbe allora, più che la potenza delle armi, lo spirito duro e risoluto di quella gente romana, di cui sino allora aveva conosciuto — se le ipotesi non fallano — i mercanti. Dopo la sconfitta gli Istri si ritirarono in posizioni fortificate; ma si sparpagliarono nelle città, quando seppero che l’altro console, Giunio Bruto, veniva a congiungersi con truppe fresche a Vulsone. I consoli riportarono le legioni vittoriose a svernare in Aquileia. Poiché la campagna doveva essere ripresa nella primavera, è verosimile che nel territorio conquistato sino allora e per impedire agli Istri di riprenderlo e per non dover ripetere l’azione già compiuta, fossero lasciati presidi d’occupazione. In tal caso, la zona di Tergeste e dei castellieri circonvicini sarebbe rimasta già allora in potere di Roma. E questo appare tanto più probabile, in quanto quella zona doveva avere un carattere prevalentemente cèltico, per essere occupata da Carni e da Càtali, cioè da popolazioni identiche o affini a quelle che già stavano nella Venezia ed erano, almeno in gran parte,