204 NESSUNA COMPLICITÀ DEL VESCOVO COI RANFI Pasenatico in Istria: il 6 novembre il governo veneto dava il nulla osta alla nomina. È ovvio che, se comunque Venezia fosse stata mischiata nella congiura, sarebbe stata inconcepibile, pochi giorni dopo, la chiamata d’un Veneziano al reggimento del Comune. Ci sembra, di più, inammissibile che i podestà veneziani, che fecero gli statuti del 1350 e del 1365, avrebbero permesso di ripetervi tutte le inesorabili disposizioni riflettenti i Ranfi, se questi fossero stati fautori della Repubblica di San Marco. Il Kandler, il Cavalli e altri hanno supposto che Marco Ranfo congiurasse per ridare la signoria della città al vescovo, allora appunto in contesa col Comune per la sua arroganza temporale. È vero che Marco Ranfo nel 1304 e nel 1307 era capo dei vassalli del vescovo, di coloro che avevano dei beni in feudo dalla Chiesa triestina. Ma non solo vediamo lo stesso Ranfo procuratore del Comune proprio nelle trattative che imposero al vescovo la rinuncia del 1305, ma possiamo constatare che egli apparisce sempre come una personalità eminentemente rappresentativa del Comune. Anche di fronte al capitolo del duomo, nel 1311. Coi canonici aveva poi particolari liti, perché non voleva restituire l’argenteria che essi gli avevano data in pegno di prestiti avuti e, dicevano, pagati. Sino dal 1305 il capitolo aveva avuto dalla Signoria licenza di sequestrare i beni di Marco, ma non aveva mai potuto procedere, causa la potenza del cittadino. Tutta la città, dice un atto del 1314, conosceva questa aspra controversia del Ranfo col clero. Nel momento della congiura, se la data del Kandler è esatta, il vescovo Pedrazzani era a Venezia per difendere alcuni suoi diritti feudali, conculcati dai cittadini veneziani in Istria. Quando la congiura avesse avuto per fine il ristabilimento del potere episcopale, il Pedrazzani, già in lite col Comune, ne sarebbe stato naturalmente partecipe. Avrebbe il Comune permesso, in tal caso, il suo immediato ritorno a Trieste? Anzi gli avrebbe permesso, nel settembre del 1314, di convocare, come fece, proprio a Trieste molti vassalli della chiesa triestina per una proclamazione inerente ai suoi diritti feudali? È ovvio che no. A quest’assemblea solenne dei vassalli, a cui parteciparono anche molti dell’Istria e della Carsia, intervenne con elevata autorità Giraldo Rossi, cittadino potente, amministratore dei beni sequestrati ai Ranfi.