UNA « SPONTANEA DEDIZIONE )) ALI.’AUSTRIA 365 siglio e i giudici e l’università dei cittadini, convocati nel palazzo nuovo del Comune, avevano votato la rinuncia « non per dolo, né per timore, né per suggestione alcuna, si bene con unanime consenso, con franca spontaneità, con coscienza, semplicemente e liberamente...». La rinuncia si chiamava « abdicazione e consegna all’imperatore del reggimento e del governo sino allora goduto »: la si giustificava col dire che tale reggimento non permetteva di vivere in pace, né con governo ordinato. L’Imperatore e i successori si facevano « signori e proprietari » della città col pieno dominio, col mero e misto imperio e con ogni giurisdizione. I cittadini, ogni anno, con suffragio universale, esteso a tutti i pertinenti alla città, avrebbero eletto tre giudici e ventiquattro consiglieri, che avrebbero avuto d’uopo della conferma imperiale. Contro i giudici libera l’appellazione al capitano e allTmperatore: questo in nessun modo limitato nella facoltà d’imporre tasse. La rappresentanza politica della città attribuita anche al capitano: a questi demandata ogni giurisdizione criminale. Riservato al solo Principe il diritto di bandire i cittadini e di riformare gli Statuti; concesso a lui di costruire una fortezza nella città. Tutto il patrimonio pubblico, anche il palazzo comunale, le loggie, le carceri, i fònteghi, dichiarato proprietà imperiale. Questa abdicazione completa del regime comunale fu votata da nobili e da plebei aderenti al partito imperiale il 28 "maggio 1468, dinanzi ai commissari e in mezzo alle lancie e alle spade delle soldatesche straniere. Antonio de Leo, Nicolò Mercatelli, Domenico de Burlo e Nicolò de Messalti furono fatti procuratori del Comune per portare all’imperatore l’atto della abdicazione comunale. Oltre al Leo, erano cittadini cospicui anche il Mercatelli, che era stato menatore dei patti del 1461, e il Burlo, rettore della città durante la guerra e procuratore a Venezia per la pace. Antonio de Leo, fedele alle istituzioni municipali, non accettò : anzi ribellò al capitano e passò alla parte dei suoi avversari. Forse non accettarono o non poterono partire né il Messalti, né il Burlo. Le cose -i tirarono in lungo. Partì quindi il Mercatelli, a cui si aggiunse, pare, Nicolò Massaro, il ribaldo già nominato. L’odio dei cittadini migliori inseguì i due procuratori. Il Mercatelli, arrivato a Graz, dove era lo Imperatore, fu colpito, non mortalmente, dal pugnale vendicatore di Nicolò de Prima, triestino.