386 LA GUERRA ECONOMICA CONTRO LA CITTÀ l’ostinazione dei mercatores sclabonici e teutonici a cercare i porti istriani, aggravarono le condizioni della città. S’aggiunse Gaspare Rauber, che, divenuto capitano di Duino e di Fiume e tenendo anche Postumia, faceva deviare verso il porto del Timavo e verso quello del Quarnaro il commercio dei legnami e dei grani, allontanandoli da Trieste. Proteste e rimostranze si rinnovavano per chiedere il ripristina-mento degli Statuti e l’instaurazione di un regime sopportabile. Federico incominciava a aver bisogno di Trieste, sia per mantenere diretti rapporti col Regno di Napoli, sia per farsi uno strumento o una base utile ai suoi rapporti verso il Ducato di Milano o verso la Repubblica veneziana, con cui già si profilava un grave conflitto. Perciò egli si provò a acquistare le grazie dei Triestini, favorendo una graduale, ma rapida ripresa della vita comunale giusta gli Statuti. Tra il 1490 e il 1493 egli rinunciò a nominare i vicedomini imperiali, restituendo o meglio « appaltando » al Consiglio, verso danaro, il diritto dell’elezione dei due vicedomini comunali: nello stesso tempo ordinò che tutte le cariche spettassero ai cittadini e fossero coperte da uomini designati dal Consiglio maggiore, escludendo i cittadini veneti. Nel diploma, con cui ordinava al capitano di lasciare ai cittadini l’esercizio degli uffici tanto civili quanto criminali, l’imperatore confessava che sino allora aveva proceduto contro le tradizioni e contro gli Statuti della città. Nel 1492 imponeva l’applicazione degli Statuti stessi e concedeva al Consiglio e ai giudici di deliberare anche in argomento non contemplato dagli Statuti, vale a dire di far riformazioni, senza suo anticipato consenso. Un risorgimento del regime comunale non s’ebbe ancora, né un ritorno ai patti del 1382: il capitano, a esempio, mantenne ancora funzioni di diretta partecipazione al governo della città, quali non erano consentite né dallo Statuto, né da quei patti. Rimaneva di più, dentro la città, un presidio di soldati tedeschi, assai male tollerati. Tuttavia i cittadini furono chiamati ad amministrare la loro patria e da ciò la servilità fu senza dubbio diminuita. Federico intervenne ancora contro i Carniòlici a favore della città. Poiché gli Stati provinciali di quel ducato avevano ripresentato la loro domanda d’annessione di Trieste in questa forma: che la città partecipasse coi suoi rappresentanti alla dieta della Carniola. Ricorsa