VIOLENZE SULLE STRADE CARSICHE 343 Rimase la sorda, ostinata contesa coi Carniòlici. Parve ai Triestini, nel 1459, che l’occasione si offrisse per costringerli a patti chiari e precisi a vantaggio dei loro commerci. Quell’anno la Carniola si era ribellata contro Federico: mettersi dalla parte di costui, conquistarsi una benemerenza, vincere con lui i Carniòlici, doveva far sperare in un compenso imperiale, che fosse almeno un diploma obbligante i vinti all’uso del porto triestino. I Triestini pertanto armarono un corpo di soldati e lo buttarono nella Carniola, dove aiutò efficacemente Federico a ricuperare Scoffialoca e Crainburgo. Ma il conto era sbagliato: fu presa forse per sincera devozione quella che voleva essere meditata difesa degli interessi particolari. L’atteso diploma non venne. I Triestini rimasero ancora soli nel Castelnovano a forzare le strade. Nel 1460, per aver limitato gravemente l’importazione di grano a Capodistria e per aver proibito che venisse da mercanti carniòlici, la città si tirò addosso un’altra intimazione della Repubblica veneziana, con l’ordine di lasciar libero il traffico fra la Carniola e lTstria: se non l’avesse fatto, San Marco avrebbe provveduto prò rei dignitate et iustitia. Si comprende con che sentimento i Triestini confrontassero l'appoggio che il Doge Malipiero accordava agli Istriani col disinteresse che l’imperatore Federico mostrava per la loro sorte. Testimonianza curiosa e tipica di quel sentimento è l’azione del vescovo Goppo, successo al Piccolomini, e ligio ora a Federico, di cui era stato oratore al Congresso di Mantova nel 1459 e verso cui era debitore di ben 600 zecchini: egli ingiungeva ai preti, nel 1460, di ricordare nelle preghiere oltre il Papa anche l’imperatore e prometteva indulgenze a chi avesse pregato per Federico e per la Casa d’Austria. Si dovrebbe dire che c’era bisogno di ordini e di premi celesti per avere quelle preghiere. L’esperienza degli ultimi anni, le delusioni, le continue difficoltà della difesa degli Statuti, nonché l’incessante aspirazione a maggiori libertà e a più forte dominio sulla città, stimolarono la classe dirigente, rappresentata dal Consiglio maggiore, a tentare una forma di compiuta emancipazione. Adottarono il sistema usato nel secolo xm coi vescovi: il contratto di compra-vendita, speculando sulla nota avarizia di Federico III e sulla siccità delle sue casse. Nicolò de Mercatelli si recò a Vienna per le trattative, che riuscirono ottimamente. Con documento del 12 giugno 1461 l’imperatore « arrendo », cioè